Sul post Quota 100, sulla riforma della previdenza, il Governo giocherà la settimana in arrivo una partita decisiva. Sul tavolo le proposte che suscitano interesse e critiche di sindacati e Confindustria.
I segretari di Cgil, Cisl e Uil si sono dichiarati contrari alla nuova bozza del presidente Inps, Tridico: in pensione a 62-63 anni con il sistema contributivo, con uno scalone di 5-4 anni con ricalcolo dell’assegno pensionistico a 67 anni seguendo i criteri del sistema retributivo.
“Non ci piace l’ipotesi di spacchettare in due l’assegno Non ci sembra idonea l’idea di una pensione pagata in due rate”. Eppure una soluzione bisognerà trovarla, su questo i sindacati concordano con il Governo. Confindustria è più interessata alla riforma del lavoro, agli sgravi contributivi, ai fondi per l’inserimento di giovani.Ogni ipotesi, tuttavia, deve un’ uscita indolore dei lavoratori in esubero o in età pensionabile. L’idea che riprende spazio tra dubbi e incertezze è il “Contratto di espansione”, avanzata dal Governo prevede che ci siano oltre 60 mila lavoratori pronti a lasciare volontariamente, in modalità incentivata, il lavoro. Con esodi fino a 5 anni dalla pensione (di anzianità e di vecchiaia). Il provvedimento non riguarda solo le grandi imprese ma anche quelle medie con 100 lavoratori. L’aver abbassato il numero degli addetti è stato apprezzato così come i costi contenuti della riforma,tra i 200 e 300 milioni di euro.
UN PROVVEDIMENTO AMBIVALENTE
La misura andrebbe indirettamente a colmare il vuoto che a fine anno lascerà Quota 100. I partiti, in particolare la Lega si esprimono in modo favorevole. “La misura è molto utile”, conferma la sottosegretaria al Lavoro, Tiziana Nisini .La misura viene vista con una ambivalenza di fondo. È vero che il “Contratto d’espansione”, consente alle aziende un ventaglio di azioni come il far uscire personale a 60 mesi dalla pensione di vecchiaia o di anzianità; utilizzare la Cigs fino a 18 mesi con una riduzione media oraria del 30% per i lavoratori privi dei requisiti per lo “scivolo”; formare i dipendenti con corsi di aggiornamenti in particolare tecnologico. Ma c’è un problema. Il Contratto lascerebbe fuori le piccole e medie imprese, quelle sotto i 100 dipendenti. Inoltre per i sindacati il Contratto di espansione rischia il flop.
NECESSARIO UN RIPENSAMENTO
La Cgil lo giudica costoso per le imprese e poco remunerativo per chi decide di lasciare Secondo la Uil, invece, per far uscire con 5 anni di anticipo un lavoratore con retribuzione di 30 mila euro e una pensione lorda maturata di 1.327 euro l’azienda paga, al netto della Naspi, 61mila euro nel caso di pensione di vecchiaia e oltre 93mila per la pensione anticipata. Uno scivolo, per la Uil apprezzato dalle grandi imprese – o dalle banche che hanno istituito un fondo di settore per gestire gli esuberi – ma non per una media e soprattutto una piccola impresa già in difficoltà finanziarie. Confindustria è altrettanto dubbiosa, “È uno strumento che va ripensato”, commenta Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro, “deve aiutare le imprese a realizzare un piano di transizione nella logica del Piano nazionale , sul digitale o verso la green economy”.
Il dibattito la prossima settimana entrerà nel vivo. Nel frattempo i sindacati chiedono ancora uno stop dei licenziamenti. Sollecitano che la data sia spostata dal 30 giugno al 31 ottobre. Una proposta su cui Confindustria si mostra contraria. Al Governo le prossime delicate mosse.