lunedì, 16 Dicembre, 2024
Attualità

Legalità, da Papa Francesco una prefazione in memoria del magistrato Rosario Livatino

“Ripensando alla figura del magistrato siciliano, ribadisco quanto espressi gia’ nella Sala Clementina il 29 novembre 2019: ‘Livatino e’ un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualita’ delle sue riflessioni. L’attualita’ di Rosario Livatino e’ sorprendente, perche’ coglie i segni di quel che sarebbe emerso con maggiore evidenza nei decenni seguenti, non soltanto in Italia, cioe’ la giustificazione dello sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti ‘nuovi diritti’, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo’. Fede che diviene prassi di giustizia e che percio’ fa del bene al prossimo: ecco le caratteristiche spirituali di Rosario Angelo Livatino”. A scriverlo e’ Papa Francesco nella prefazione, anticipata dal quotidiano la Repubblica, del libro “Rosario Angelo Livatino. Dal martirio a secco al martirio di sangue” che il vescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone, ha dedicato al “giudice ragazzino” che il 9 maggio sara’ proclamato beato.

“Egli pensava, fin da laureato in diritto, al modo migliore di svolgere il ruolo di giudice – scrive Papa Bergoglio -. Soffriva molto nelle pronunce penali nei confronti degli imputati, perche’ constatava come la liberta’, male interpretata, avesse infranto la regola della giustizia. E nello stesso momento in cui doveva giudicare secondo legge, si poneva da cristiano il problema del perdono. Compiendo quotidianamente un atto di affidamento totale e generoso a Dio, egli e’ un luminoso punto di riferimento per gli uomini e le donne di oggi e di domani, soprattutto per i giovani che, tuttora, vengono irretiti dalle sirene mafiose per una vita di violenza, di corruzione, di sopraffazione e di morte. La sua testimonianza martiriale di fede e giustizia sia seme di concordia e di pace sociale, sia emblema della necessita’ di sentirci ed essere fratelli tutti, e non rivali o nemici”.

“Visitando Agrigento e altri luoghi della Sicilia, nel 1993 – ricorda il Pontefice -, il mio santo predecessore Giovanni Paolo II cosi’ si espresse alla fine dell’Eucaristia celebrata nella Valle dei templi: ‘Che sia concordia in questa vostra terra! Concordia senza morti, senza assassinati, senza paure, senza minacce, senza vittime! Che sia concordia! Questa concordia, questa pace a cui aspira ogni popolo e ogni persona umana e ogni famiglia! Dopo tanti tempi di sofferenze avete finalmente un diritto a vivere nella pace. E questi che sono colpevoli di disturbare questa pace, questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: ‘Non uccidere’: non puo’ uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non puo’ cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!’. Il buon odore di Cristo che si spande dal corpo martirizzato del giovane giudice diventi allora seme di rinascita – come gia’ avvenuto per alcuni dei suoi sicari e mandanti, oggi sulla via della penitenza e della conversione – per tutti noi, in particolare per coloro che ancora vivono situazioni di violenza, guerre, attentati, persecuzioni per motivi etnici o religiosi, e vari soprusi contro la dignita’ umana”.

“A Rosario Angelo Livatino, oggi anche attraverso la sua beatificazione, rendiamo grazie per l’esempio che ci lascia, per aver combattuto ogni giorno la buona battaglia della fede con umilta’, mitezza e misericordia – sottolinea Papa Francesco -.
Sempre e soltanto nel nome di Cristo, senza mai abbandonare la fede e la giustizia, neppure nell’imminenza del rischio di morte.
E’ questo il seme piantato, è questo il frutto che verrà”.

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