Esiste ancora un’Italia liberale? La domanda che si è posta il prof. Angelo Panebianco sul Corriere della sera di ieri, richiama l’attenzione su quella che molti considerano una grave lacuna non solo nello scenario dei partiti ma anche nell’ambito delle culture politiche del nostro Paese.
Panebianco ricorda che la componente liberale è sempre stata ultraminoritaria, presente nei partiti laici e in “una componente cattolica in parte erede della stagione degasperiana e in parte influenzata dalle idee di don Luigi Sturzo”.
Fu proprio l’ispirazione liberale di De Gasperi e di Einaudi ad imprimere al nostro Paese l’impronta della grande rinascita economica e sociale esplosa con il “boom” degli anni Cinquanta e Sessanta. E non va dimenticato il ruolo svolto da forti personalità come Ugo La Malfa che seppe rappresentare un’idea moderna del liberalismo e che, insieme ad Aldo Moro, a metà degli anni Settanta tentò di porre argine alla grave minaccia del terrorismo e della disintegrazione sociale di quei terribili anni.
Oggi il liberalismo non ha più una casa autonoma. Dopo la scomparsa affrettata e ingiusta dei partiti della Prima Repubblica, i liberaldemocratici italiani si sono dispersi in mille rivoli. Il tentativo di Silvio Berlusconi di fare di Forza Italia un grande partito liberale non ha avuto successo, nonostante la presenza nel partito del Cavaliere di autorevoli esponenti della cultura politica di quell’area.
In una certa misura, il liberalismo si è diffuso un po’ ovunque. E questa diaspora ha avuto un parziale effetto positivo: quello di disseminare le idee e i valori di questa tradizione culturale e politica ovunque, ottenendo l’effetto di “contaminazione positiva” che in qualche modo ha innestato su altri filoni politici elementi di liberalismo.
Per un paradosso della storia le idee liberaldemocratiche sparse qua e là hanno esercitato una funzione superiore a quella delle forze che più si richiamano a questa cultura politica.
C’è oggi bisogno di un’unica formazione politica che sia il baluardo del liberalismo? Sarebbe certamente un elemento positivo a condizione che si trattasse di una realtà politica consistente e non di una sparuta pattuglia di brave persone dotate anche di idee valide ma con scarse possibilità di movimento e di condizionamento delle scelte politiche.
Ma più che un nuovo partito liberaldemocratico serve una forte mobilitazione di idee che si richiamano a quella tradizione culturale per contrastare le tendenze illiberali e antidemocratiche si stanno diffondendo, in Italia in misura minore che in altri Paesi europei.
Alcuni capisaldi della liberaldemocrazia, come il valore del mercato , una presenza misurata dello Stato in economia sono ormai acquisiti e fanno parte del patrimonio comune di molte forze politiche. I valori della persona umana in tutte le sue manifestazioni e la difesa delle istituzioni democratiche sono invece sempre oggetto di continue minacce.