Non è proprio usuale, praticamente inconcepibile per noi italiani, che, non dico il Capo del Governo, ché allora penseremmo di avere sbagliato nazione, ma che chiunque abbia il pur minimo potere, chieda scusa ai cittadini per un disservizio, per un errore.
Non si scusano i responsabili della vaccinazione di massa per le vicende che giornalmente le cronache ci riportano o per essersi inchinati al “potere contrattuale” (così il Presidente Draghi, per chi avrebbe favorito corporazioni piuttosto che agire con un criterio basato su pericolosità e anzianità). Non si scusa il responsabile di un ufficio pubblico di fronte a cittadini in attesa con file indegne, spesso addirittura “pre-file” all’esterno, per acquisire solamente il diritto di mettersi in coda all’interno; non lo fa chi prevede metodi complicati per i pagamenti, nell’era in cui con un semplice sguardo al proprio telefonino si muovono somme anche ingenti (per i fortunati che possono disporne). Non si sogna neppure lontanamente di scusarsi l’ufficio che blocca una pratica, anche semplice, per mesi se non per anni, senza dire né si, né no. Neppure ipotizza di doversi scusare il nostro legislatore (l’insieme dei parlamentari, cioè) per avere promulgato leggi che consentono tutto ciò è che, alla fine, volendo caricare di responsabilità eccessive qualsiasi pubblico funzionario, finiscono col deresponsabilizzarlo.
La Signora Merkel – un capo di governo solido, che da più di un ventennio si conquista il potere con i mezzi suoi, senza necessità di essere nominata – ha chiesto scusa. Non solo ha chiesto scusa, ma ha fatto anche marcia indietro, revocando quella chiusura pasquale in Germania disposta «senza la opportuna preparazione»; soggiungendo – quasi una sua meditazione pronunciata non a caso ad alta voce – «da vedere poi se utile, calcolando costi e benefici»: alla quale dedicherò le ultime righe di questa rubrica.
Scuse, queste della Merkel, che hanno animato l’incedere delle giornate che più si allungano e più è difficile sopportare la clausura.
Anche il mio strettissimo ambito domestico si è vivacizzato, con le notazioni di mia moglie, che non ama il riserbo di Draghi, rimpiangendo le comunicazioni casaliniane di Conte. Non poteva, quindi, Isabella – che nell’anno di lockdown trascorso è divenuta una divoratrice di trasmissioni politiche – non cogliere lo spunto per notare che quello della Signora Merkel sia il giusto modo di comunicare: chiaro e diretto, rivolto senza intermediari alla popolazione.
L’accordo su tale ultima affermazione non ha raffreddato il dibattito: che ci aveva visti contrapposti sui leaders nostrani, apprezzando io la sobrietà di Draghi, lei le periodiche comunicazioni di Conte.
Ho avuto un bel dirle che il tono triste, ma non grave, e la prolissità di Conte non mi piacevano; che non sopportavo il suo uso del verbo “consentire”, riferito a diritti fondamentali; che più volte mi sarei aspettato un Presidente del Consiglio, che commosso, piuttosto che dire che ci sarà “consentita” l’ora d’aria in un raggio di duecento metri intorno all’abitazione, chiedesse accoratamente scusa per tutte le costrizioni imposte.
Il dibattito domestico, ovviamente, mi ha visto sconfitto: ragione per cui lo esterno, sperando di trovare qualche consenso.
L’unica riflessione ulteriore che proporrò in queste colonne attiene alla personalità di chi possa avere la forza di chiedere scusa, senza che ciò causi un suo indebolimento, ma, anzi, come è accaduto a Frau Merkel, ne esca addirittura rafforzato.
Serve quindi un capo che abbia lottato per il potere, conquistando solo da solo passo per passo: un genere che in Italia sembra smarrito a livello nazionale, relegato solamente nello strapotere dei presidenti di regione, non a caso autopromossisi “governatori”.
Questa Pasqua, almeno, ci ha portato la sorpresa di queste scuse e di quel pensiero su costi e benefici, al quale, come detto, dedico queste ultime righe.
Pasqua con sorpresa, innanzitutto, osservo ricordando che l’anno scorso per l’occasione questa rubrica aveva parlato di “Uovo senza sorpresa”, annotando l’essersi verificata la mia facile premonizione di una Pasqua 2020 in lockdown, nonostante le profferte “politiche”, dello stare chiusi in casa per poi godersi la Pasqua: profferte falsamente ripetute per il Natale e a gennaio anche per la Pasqua 2021: anche se ormai non ci credeva più nessuno.
Dove la sorpresa non sono le scuse, ma il pensiero lasciatosi sfuggire ad alta voce dalla Merkel e che rafforza una sensazione – ottimistica, come è nel mio essere – di un mutamento generale, a livello internazionale intendo, dell’atteggiarsi verso il coronavirus.
Il vaccino, forse, non riuscirà a debellarlo del tutto: ma Germania, Inghilterra, USA, e tanti altri Paesi mi pare stiano puntando alla ripresa della vita. Appunto con la valutazione dei costi e benefici: un bilancio che imporrà una convivenza possibile col virus, non debellato, ma reso meno forte, accettabile: affrontabile, insomma, come tante altre malattie che affliggono noi poveri mortali.
E con il quale dovremo fare i conti prima o poi anche in Italia.