La Confcommercio pone un quesito sull’atteggiamento di chi rifiuta di vaccinarsi nell’ambito dei lavoratori della sanità. Giusto o sbagliato che sia, è il presidente dell’Associazione Confcommercio Salute Sanità e Cura, Luca Pallavicini che chiede chiarezza su un aspetto non marginale, ossia chi è tenuto a farsi il vaccino e chi no, e cosa rischia il datore di lavoro.
“Serve con urgenza che venga fatta chiarezza da parte delle Istituzioni sulla discrezionalità in tema di vaccinazioni da parte degli operatori sanitari”, osserva Luca Pallavicini. Il nodo rimane quello dei “diritti” e di come calarli tra le diverse opinioni ed esigenze, “sia per la tutela dei diritti dei singoli, ma pure per la definizione delle responsabilità collettive e dei datori di lavoro”. Infatti sul rifiuto di vaccinarsi da parte di diversi operatori del settore socio sanitario, si potrebbe innescare un braccio di ferro tra lavoratori e datori di lavoro, che comunque sarebbe meglio evitare perché si sconfinerebbe in questioni giuridiche complesse e non ancora regolate nel merito. Per il presidente dell’Associazione Confcommercio Salute Sanità e Cura, Luca Pallavicini c’è però una linea di principio – anche se non regolata da una legge – da seguire. “La richiesta del datore di lavoro al lavoratore di vaccinarsi contro il Covid-19 è legittima anche se la vaccinazione non è un obbligo di legge”. Se poi, almeno secondo questa indicazione, il lavoratore non accetta di vaccinarsi allora potrebbero scattate dei provvedimenti.
“Di conseguenza”, sottolinea Pallavicini, “nel caso in cui il lavoratore, in buone condizioni sanitarie, non senta il dovere etico e morale di sottoporsi alla vaccinazione, si potrà anche configurare una reale non idoneità dello stesso a svolgere specifiche mansioni assistenziali a diretto contatto con persone fragili. Tale inidoneità”, conclude il presidente dell’Associazione Confcommercio Salute Sanità e Cura, “potrebbe portare anche alla sospensione cautelativa al lavoro per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria”.