A dispetto dei suoi 94 anni, nei giorni scorsi i sudditi di Sua Maestà hanno potuto ammirare le prestazioni danzanti della sovrana che, balzata con l’agilità di un felino sulla scrivania del suo studio, ha preso a dimenarsi sulle note di un motivetto ipermoderno, ridendo e saltellando soddisfatta.
Le immagini, trasmesse dalla TV inglese Channel 4, hanno subito destato scalpore, instillando negli inglesi tutti la domanda “sogno o son desto?”. Quello che doveva essere il tradizionale messaggio natalizio in diretta da Buckingham palace si è trasformato ben presto in una inspiegabile performance danzante.
Peccato fosse tutto falso. L’immagine della tersicorea Regina Elisabetta, con tanto di collana di perle e abito blu d’ordinanza, era il frutto di un deepfake, ovvero dei brevi filmati prodotti utilizzando gli strumenti dell’intelligenza artificiale e del deep learning. Questi software sono in grado di modificare, quasi alla perfezione, il materiale originale, presentando poi come autentico qualcosa che in realtà non è mai avvenuto.
Su questo tema anche l’Italia non è stata immune da deepfake. Il falso video trasmesso da “Striscia la Notizia” nell’ottobre 2019 in cui Matteo Renzi prendeva in giro i suoi colleghi politici con gesti decisamente poco ortodossi ha acceso, anche nel nostro Paese, l’inquietante polemica sui deepfake.
Da innocuo divertimento per i telespettatori a possibile arma politica dall’incredibile potenziale, il passo è davvero breve. Immediata la levata di scudi contro questo nuovo sistema di bufale, apparso fin da subito estremamente pericoloso; in special modo quando le vittime sono uomini delle istituzioni che, nel veicolare un qualsiasi tipo di messaggio, possono risultare perfettamente credibili e influenzare così il pensiero di decine di milioni di cittadini.
A proposito del falso video della Regina Ian Katz, direttore dei programmi di Channel 4, si è affrettato subito a precisare come «Volevamo ricordare a tutti che oggigiorno, quando guardiamo un filmato, non possiamo più fidarci dei nostri occhi».
In effetti, la qualità dei contenuti deepfake è cresciuta così rapidamente che è sempre più difficile per un qualsiasi spettatore distinguere le immagini reali da quelle false, anche presumendo di rendere nullo il margine di errore generato dal c.d. bias cognitivo. La concreta probabilità di trovarsi coinvolti in un apocalittico scenario futuro, nel quale i membri della classe dirigente di un paese giungano ad autodistruggersi in un botta e risposta a colpi di tecnologia e di fake news, dovrebbe destare notevoli preoccupazioni, soprattutto se avvalorate anche dalla parola di esperti ricercatori.
Insomma, dalle terre di Shakespeare torna prepotentemente il monito, ora come allora, di “To be, or not to be”. Ed è questo, oggi, il vero problema.