Il Covid ha messo a nudo tutte le debolezze endemiche dell’Italia e soprattutto le inadeguatezze di un quadro politico-sociale inadatto a fronteggiare le sfide dei tempi moderni. Si tratta di debolezze che nascono da una storia di mancate riforme e di mancate opportunità da parte della politica degli ultimi venti anni.
Infatti, pur constatando puntualmente l’incompetenza dei partiti di oggi a fronteggiare i temi dello sviluppo e dell’equilibrio sociale, va riconosciuto che la mancata crescita e la corsa di un debito ormai fuori controllo non sono una responsabilità attuale. Sono piuttosto il frutto di decisioni mancate ogni volta che l’Italia si è trovata al bivio di scelte importanti nel passato.
Eccesso di ideologia e personalismi hanno negato agli italiani la possibilità di fare scelte indispensabili per costruire un paese più moderno, anche quando i benefici delle svolte evocate erano evidenti dal punto di vista sociale ed economico.
Ancora una volta le polemiche di queste ultime settimane tra Italia Viva ed i sostenitori di Conte ne sono una prova. Le richieste di Renzi vengono descritte dai più come irresponsabili in un momento difficile del nostro paese: semplicemente Il frutto di una corsa alle poltrone. La realtà è che Renzi, nonostante i suoi tantissimi detrattori, rimane forse uno dei pochi animali politici di calibro internazionale capace di esprimere un disegno chiaro per il futuro di questo paese. Molte delle sue istanze hanno un fondamento specifico e vengono sostenute nel segreto da molti esponenti della maggioranza. Il problema è che ancora una volta le sue critiche sembrano espresse in un contesto di completa assenza di strategia ed anzi esposte ad un potenziale suicidio politico, visto che Italia Viva rischia la sparizione in caso di elezioni anticipate.
È noto che gli errori di Renzi sono cominciati anni addietro, quando il suo impeto non gli ha permesso di sfruttare con lucidità la posizione dominante che il PD, e soprattutto Lui stesso, occupavano nel quadro istituzionale del paese.
Molti identificano il momento più oscuro della sua carriera politica nella sconfitta del referendum costituzionale del 2016: un contenuto giusto impacchettato però in maniera complicata e soprattutto vittima della forte personalizzazione.
Simili situazioni si son viste anche con le riforme proposte da Berlusconi in anni precedenti. Anzi, l’esperienza ci insegna che ogni volta che le proposte di riforma arrivano da personaggi fortemente polarizzanti, l’Italia si spacca e le scelte non dipendono più dalla logica ma da posizioni ideologiche. In questi casi viene esaltata la litigiosità invece della cooperazione tra i partiti.
Tornando ad oggi, si dice spesso che il “Next Generation EU”, da noi battezzato “Recovery Fund”, costituisca un’occasione da non mancare per un Italia ormai giunta al bivio. In realtà è già troppo tardi. La svolta sbagliata fu imboccata già anni fa e le discussioni chiassose e ridicole di oggi ne sono solo una conseguenza. Si può parlare di un baratro, ma di bivi ormai non ne esistono più.
In Italia sembrano ormai assenti leaders che abbiano la capacità di allineare tutte le forze politiche per coniugare consenso e lungimiranza. In poche parole mancano degli statisti di dimensioni europee come quelli che si sono visti solo in un lontano passato.
Da più parti viene evidenziato che di fronte ad una enorme torta di miliardi la maggioranza attuale non sia stata finora in grado di esprimere una visione ed un disegno per l’Italia del post Covid. Tristemente va riconosciuto però che è forse proprio quel Renzi che ora annaspa nel 3% del suo “partito tascabile” il maggior responsabile, forse anche inconsapevole, del disastro attuale. Renzi ha sicuramente lo spessore per essere uno statista lungimirante e riconosciuto in Europa ma manca purtroppo delle più elementari capacità di moderazione ed intelligenza tattica. E questo in un contesto politico in cui l’incompetenza e gli interessi di parte dominano sugli interessi del paese. La disfatta di Renzi si è forse materializzata col referendum ma è nata con una serie di decisioni sbagliate prese in periodi antecedenti. La più importante di queste è stata la totale incapacità di costruire un accordo con le forze moderate del centro destra, in primo luogo Forza Italia, per l’elezione del Presidente della Repubblica.
Questa mancanza ha condotto ad una rottura dei patti del Nazareno, in un momento in cui il PD, tramite Renzi, era in grado di ammiccare ad un Italia giovane e gestire da una posizione di forza il rapporto con le opposizioni.
Alienando Forza Italia, con una buona dose di arroganza, Renzi ha inconsapevolmente indebolito la sua maggioranza e dato spazio ad una opposizione rigida ed estrema. Ciò ha contribuito all’ isolamento della destra liberale ed ha eliminato ogni forma di compromesso dal dialogo politico.
Da quel momento è risultato chiaro che qualsiasi proposta per il futuro del paese sarebbe naufragata nei marasmi e nelle incompetenze di una agenda politica spesso centrata su temi non pertinenti.
Ed è questo che contraddistingue il panorama politico Italiano rispetto al contesto di altri paesi europei. Altrove, pur esistendo acute forme di contrasto politico, si tende infatti a preservare una cruciale forma di rispetto e di dialogo istituzionale tra i partiti, specialmente in un momento così critico.
Dopo la personalizzazione estrema del referendum, Renzi ha commesso l’errore di non mantenere la sua promessa e sparire dalla scena per un periodo di almeno una legislatura. Il suo suicidio strategico è continuato inoltre con l’iniziativa presa per favorire la formazione del governo giallo-rosso invece di andare alle elezioni.
Infine, la scissione di Italia Viva, se veramente necessaria, andava fatta dopo le elezioni e non prima, se si voleva evitarne la relegazione ad un ruolo marginale.
Ma quale può essere il ruolo giusto per un Matteo Renzi nel panorama politico attuale e quale è il suo vero obiettivo?
Un primo naturale obiettivo sarebbe la crescita del consenso politico per Italia Viva. Un altro la partecipazione ad una fetta consistente nella distribuzione delle circa quattrocento nomine e cariche dell’apparato degli enti ed imprese statali che ci sarà a breve. Un terzo potrebbe esser rappresentato da una alleanza con certe ale della destra liberal per formare un nuovo governo e scalzare sia i Cinquestelle che il PD.
Partendo dall’ultima, l’ipotesi di una alleanza per formare una nuova maggioranza è validissima e consentirebbe a Renzi di vincere la prima tornata contro Conte, esautorandolo dal governo. È da dubitare però che questo gli assicurerebbe un maggiore peso a lungo termine, specie dopo le elezioni.
Guardiamo allora alle altre due ipotesi. Non crediamo che questi due obiettivi siano in contrasto: maggiore peso politico significa anche maggiore capacità di partecipare alla spartizione delle nomine, ma come sempre nelle battaglie dominate dalla tattica si tratta di investire in un capitale politico che darà frutti solo a medio e lungo termine. Si è visto recentemente dai suoi ultimi discorsi in parlamento che un Renzi in gran forma può aver gioco facile con le figure politicamente mediocri che compongono la nostra maggioranza ed il nostro panorama politico.
Le innumerevoli scaramucce di oggi dimostrano, è vero, l’importanza di Renzi nella gestione dell’equilibrio di governo ma sminuiscono al tempo stesso anche le sue ragioni, esponendolo sempre alla minaccia di emarginazione. E questo specialmente se Conte decidesse di anticipare il gioco e rimettere il suo mandato al parlamento.
Si tratta di tatticismi che poco portano alla causa del futuro del paese, mentre sarebbe certamente un bene per l’Italia se Renzi fosse in grado di ritornare a giocare un ruolo autorevole nella politica Italiana e tralasciasse gli obiettivi di breve termine. Il futuro politico di Renzi dipende dalla sua abilità di ricostruire una reputazione di attendibilità venuta meno dopo la batosta del referendum.
Una via per cambiare la sua immagine presupporrebbe un atto di lungimiranza ed un passo indietro. Renzi dovrebbe concentrarsi a riguadagnare la fiducia di almeno una parte di quell’ elettorato che qualche anno fa gli assicurò fino al 40%. Se veramente Italia Viva è interessata ai temi concreti della gestione del Recovery Fund, della Delega dei Servizi Segreti, della Sanità, della Giustizia ecc., forse sarebbe il caso di manifestare dissenso verso l’attuale azione di governo non sfiduciandolo ma inchiodando moralmente Conte alle responsabilità di cominciare ad agire per il bene del paese.
Occorrerebbe un atto di grande respiro politico: innanzitutto il ritiro dei propri ministri dal governo, per confermare con un atto di serietà il dissenso sin ora espresso. In secondo luogo la garanzia di appoggiare dall’ esterno il governo almeno fino al semestre bianco delle elezioni presidenziali, sostenendone in questo modo la tenuta e paradossalmente continuando ad esserne l’ago della bilancia.
In questo modo Renzi avrebbe il vantaggio di una prima mossa inaspettata e smentirebbe una volta per tutte quanti lo accusano di mirare solo alle poltrone. Con uno stile eclatante, ma tipico del personaggio, confermerebbe di esser interessato genuinamente al futuro del paese.
La sua prima mossa inoltre, ne siamo convinti, scatenerebbe un effetto domino in una Italia che in fondo non è così male come spesso noi la dipingiamo. Imprimerebbe una spinta simile anche negli altri partiti non populisti. Una mossa che prima o poi qualcuno dovrà fare, come ci insegna anche l’esperienza di altri grandi paesi europei, ad esempio la Germania. Dopo anni di fanatica attenzione al consenso mediatico occorrerebbe dunque un atto finalmente di coscienza istituzionale. Dimostrare buon senso e visione politica è l’unica via possibile per salvare quest’Italia dal baratro su cui ci troviamo.