Confindustria studia gli effetti della pandemia sul 2021, e i dati già dicono che la “zavorra” del 2020 frenerà la ripresa è l’economia del nuovo anno. Le elaborazioni arrivano dal Centro studi della Confederazione degli industriali.
“La pandemia fa chiudere male il 2020 per l’economia e zavorra così il 2021”, scrivono gli analisti, “il profilo “a V” del PIL nel biennio sarà meno profondo. I servizi sono di nuovo in rosso, mentre finora regge a fatica l’industria, dove il settore automotive affronta insieme shock sanitario e salto tecnologico. I consumi tornano in calo, si riduce l’occupazione, il debito eccessivo delle imprese frena gli investimenti, l’export italiano vira al ribasso mentre gli scambi mondiali reggono. L’Eurozona è in recessione, nonostante i tassi favorevoli, mentre incombe il rischio di una Brexit disordinata, il dollaro è sempre più debole e il petrolio più caro”. Le speranze si erano concentrate per il 2020 sui mesi estivi che lasciavano prevedere una risalita dell’economia. Poi l’autunno ha spento gli entusiasmi.
“Profilo a V meno profondo. Il forte rimbalzo nel 3° trimestre (+15,9%) ha sostenuto il PIL italiano di quest’anno”, prosegue il report, “ma la seconda ondata di epidemia da fine estate e le restrizioni per arginarla fanno stimare un nuovo calo nel 4°. Ciò causerà un “trascinamento” statistico peggiore al 2021, che parte più basso. Il risultato, nelle variazioni annue, è una minore caduta nel 2020, ma meno rimbalzo l’anno prossimo.
Cadono più i servizi dell’industria. Nei servizi si è registrata una nuova flessione a novembre (PMI a 39,4), sebbene meno marcata di quella di marzo-aprile; ciò a causa dell’impatto sulla domanda delle restrizioni alla mobilità e anche per le chiusure parziali di alcuni settori, molti legati al turismo”. Un dato che aveva lasciato un po’ di ottimismo era la situazione dell’industria. La produttività era “in territorio positivo”; poi li versione di rotta e dati negativi. In calo anche i consumi.
A ottobre-novembre l’indagine sulla fiducia delle famiglie suggeriva un nuovo aumento del risparmio, dato il peggioramento dell’epidemia. Con il freno dei consumi. La conferma è arrivata a novembre con la caduta degli ordini interni dei produttori di beni di consumo. Nella ricerca si evidenzia successo un calo dell’occupazione.
“Le persone in cerca di occupazione restano sui livelli di agosto ma, a fronte del calo dell’occupazione, ciò inizia a segnalare uno scoraggiamento alla ricerca”, annotano gli analisti del Centro studi di Confindustria,
“Il debito frena gli investimenti. A ottobre il credito bancario alle imprese ha accelerato al +7,4% annuo, spinto dai prestiti per liquidità con garanzie pubbliche, arrivati a circa 120 miliardi. Tuttavia, senza un solido recupero di fatturato, in molti settori ciò accresce troppo il peso del debito e degli oneri finanziari, prosciugando le risorse interne e mettendo a rischio gli investimenti anche per il 2021”. Tra gli indicatori negativi anche quelli delle esportazioni.
“L’export italiano di beni registra il primo calo in ottobre (-1,3%), dopo cinque mesi di risalita, tornando a -4,6% da febbraio, in linea con l’export tedesco”, prosegue la nota, “Lo stop delle vendite italiane riguarda sia il mercato UE che extra-UE, con forti eterogeneità: ancora in recupero in Germania e Cina, giù invece in Francia, Spagna, UK, USA. Peggiora lo scenario per fine anno, come segnala la discesa degli ordini esteri del PMI manifatturiero a novembre (49,6); pesano le nuove misure anti-Covid, specie in Europa, che frenano la domanda di beni e generano strozzature nelle catene globali del valore.
Eurozona in recessione”. A fine anno, segnala il Centro studi, l’economia dell’area-euro è in progressivo deterioramento. Mentre la crisi delle ore lavorate preoccupa non poco le famiglie.
“Con la forte riduzione delle ore lavorate, infatti, i consumatori”, conclude lo studio, “si attendono nei prossimi mesi un peggioramento della propria situazione finanziaria, che induce a rinviare la spesa”.