Mateusz Morawiecki e Viktor Orbán sono due capi di governo che da tempo ricattano ignobilmente l’Unione europea, libera e democratica, di cui fanno parte dopo che per decenni i loro Paesi erano stato sotto il giogo del comunismo, schiacciati dall’Unione sovietica.
Polonia e Ungheria si stanno trasformando in regimi autoritari in cui la separazione dei poteri, la garanzia di una giustizia indipendente, il diritto delle opposizioni ad esprimere liberamente il proprio pensiero vengono sistematicamente violati con azioni di forza e con modifiche normative che nulla hanno a che vedere con i principi su cui si fonda l’Unione europea.
Questi regimi vergognosi non fermano la loro tracotanza neanche di fronte ad una tragedia come la pandemia. Anzi la sfruttano per tentare di ottenere una sorta di riconoscimento e legittimazione alla loro strategia di avvelenamento della democrazia.
L’ultimo atto si è consumato con il veto posto dagli ambasciatori dei due Paesi ex sovietici al Consiglio europeo contro l’accordo raggiunto sul Bilancio europeo 2021-2027, un veto che di fatto paralizza anche il Recovery plan strettamente collegato al Bilancio.
Il motivo del veto è che Polonia e Ungheria non accettano la clausola che blocca i fondi UE ai Paesi che violano la libertà di espressione e l’indipendenza dei magistrati. Si tratta di una condizionalità che di fatto li costringerebbe ad obbedire alle sentenze della Corte UE che ha condannato le leggi dei due Paesi in materia di libertà di espressione, magistratura, richiedenti asilo ritenute contrarie ai principi fondanti della Unione. Come dire che se l’Europa vuole affrontare la pandemia con uno straordinario sforzo economico mai visto deve consentire a questi due despoti di continuare a massacrare la democrazia nei loro paesi, altrimenti non se ne fa nulla.
Di fronte a tale tracotanza serve una reazione corale forte non solo dei governi degli altri 25 Pesi ma anche dell’opinione pubblica e dei cittadini. Non si può consentire a governi, anche legittimi, di utilizzare illegittimamente il loro potere per distruggere le libertà e le basi dello stato di diritto a danno dei loro popoli.
Purtroppo, bisogna ammetterlo, l’Europa ha reagito con troppa debolezza e ritardo alla deriva autoritaria iniziata ormai da 10 anni, soprattutto in Ungheria, e contro la quale si erano da subito levate le voci di giornalisti, intellettuali, mondo dell’economia che da tempo avevano segnalato la pericolosità soprattutto di Orban. Ma la solita realpolitik aveva lasciato correre. Ora che i mostri sono cresciuti, sono ben visibili e mostrano pure unghie e denti si deve correre ai ripari e lo si deve fare in un momento delicatissimo per le popolazioni europee.
Ma non si può piegare la testa. La Commissione ha le armi spuntate; se passasse la condizionalità sullo stato di diritto potrebbe sanzionare Polonia e Ungheria. Il Parlamento più volte si è espresso contro la deriva autoritaria dei due governi. Ora tocca al Consiglio prendere il coraggio a due mani e rispondere al ricatto dei due autocrati adottando decisioni anche traumatiche, come la sospensione del diritto di voto. Ne va della credibilità delle nostre istituzioni europee.
Detto francamente, Ungheria e Polonia, che devono il loro sviluppo solo agli aiuti ricevuti dall’Europa e alla partecipazione al mercato unico europeo, non possono sputare nel piatto in cui mangiano. Vadano pure via dall’Unione e se hanno nostalgia della dittatura sanno bene a chi rivolgersi, se non gli è bastata la lezione della storia. Ma non cerchino avallo in una Comunità di Paesi che crede in valori incompatibili con i loro regimi antidemocratici e illiberali.