Nella Lega è in corso un dibattito sempre più serrato fra i cosiddetti “istituzionali” e filo-europeisti e il gruppo dei sovranisti ed euroscettici, con il leader Matteo Salvini che fatica non poco a tenere unite le varie anime.
In Senato si è svolto un faccia a faccia fra Salvini e il numero due del Carroccio Giancarlo Giorgetti, quello che all’indomani dei risultati, non propriamente entusiasmanti delle regionali, aveva auspicato un cambio di passo, con il superamento della fase sovranista, la rottura dell’alleanza in Europa con Marine Le Pen e l’apertura di un dialogo con il Partito popolare europeo.
Posizione che aveva fatto storcere la bocca a quello che nella Lega è considerato il più euroscettico di tutti, l’economista Claudio Borghi, che intervistato nel programma “Un Giorno da Pecora” su Rai Radio 1 aveva dichiarato: “Giorgetti ha detto di dialogare con l’Europa e io rispondo come diceva il vecchio Pintor, ovvero che ‘non morirò democristiano’. Mentre gli altri con il passare del tempo diventano democristiani, io mi sa che con il passare del tempo divento comunista”. E non è la prima volta che fra i due volano stracci. Era già accaduto all’indomani delle elezioni europee, quando Giorgetti aveva chiesto espressamente a Salvini di scartare definitivamente la proposta dei minibot che per Borghi è invece un cavallo di battaglia.
Che vi sia insofferenza da parte dell’asse del Nord di cui Giorgetti è il massimo esponente, lo si evince anche dalle dichiarazioni che il numero due del Carroccio ha rilasciato a commento dei risultati definitivi della tornata amministrativa. “Dire che abbiamo vinto in Lombardia non è vero – ha detto Giorgetti – Se abbiam perso, abbiam perso. Noi non siamo mica di quelli che quando perdiamo diciamo che abbiamo vinto”. Il malcontento dei leghisti “duri e puri”, quelli della prima ora, è legato al fatto che, mentre il Carroccio perde punti, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni avanza. E questo, a detta di Giorgetti e company sarebbe legato al fatto che la Lega salviniana non riuscirebbe ad andare oltre i temi della sicurezza e dell’immigrazione. Temi che sono risuiltati efficaci e vincenti quando Salvini stava al Viminale, ma che oggi non sarebbero più percepiti come prioritari da un’opinione pubblica che deve fare i conti con altre emergenze.
Ma sotto accusa c’è soprattutto il fallimento dell’operazione “Lega nazionale” con la Meloni che nel centro-sud non sembra far toccare palla agli alleati.
Sta di fatto che Salvini e Giorgetti si sono incontrati in Senato. Cosa si siano detti non è dato saperlo ma entrambi hanno smentito dissidi o divergenze. Anzi hanno proprio ironizzato di fronte ai giornalisti sulla loro presunta contrapposizione: “Parlate con lui, stiamo litigando” aveva commentato ironicamente il capo leghista.
Da indiscrezioni si sarebbe trattato di un incontro chiarificatore, un tentativo di trovare una mediazione soprattutto sul nodo europeo che resta il principale fronte di discussione. Con Salvini fermo sul No ad intese con il Ppe e a rompere il fronte sovranista in Europa, e Giorgetti che invece considera fondamentale “moderare” le posizioni e concentrare di più gli sforzi sulla battaglia in favore dell’autonomia chiesta a gran voce dalle regioni del Nord.
Il primo passo per ritrovare una piena collegialità dovrebbe essere il prossimo varo della nuova segreteria, che dovrebbe essere composta da tre vice-segretari (oltre a Giorgetti ci saranno Lorenzo Fontana e Andrea Crippa), dai capigruppo parlamentari Molinari e Romeo e dai rappresentanti dei territori, in testa a tutti i governatori Zaia, Fedriga e Fontana e i sindaci del Carroccio.
Una segreteria “allargata” che dopo i deludenti risultati delle regionali dovrebbe impedire ancora il governo dell’”uomo solo al comando”. Se non è un ridimensionamento della leadership salviniana poco ci manca.
(Lo_Speciale)