Il Servizio Sanitario Nazionale, nato trent’anni fa dalla comune volontà delle grandi forze politiche di questo Paese (era il tempo della solidarietà nazionale) vive uno dei momenti più difficili della sua storia, stretto com’è da ragioni contabili sempre più pressanti e dagli effetti di scarsa concretezza della riforma del Titolo Quinto nel 2001. (Il titolo V è stato riformato con la l. Cost. 3/2001, dando piena attuazione all’art. 5 della C., che riconosce le autonomie locali quali enti esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica e la riforma è stata necessaria per dare piena attuazione e copertura costituzionale alla riforma denominata ‘Federalismo a C. invariata’ (l. 59/1997).
La pandemia ha messo in luce in modo impietoso l’arretratezza e l’inadeguatezza di pezzi del nostro sistema sanitario, anche all’interno di realtà che possono ben definirsi di eccellenza, come la sanità lombarda , quella emiliano-romagnola o del Veneto,(che ha dato nel periodo Covid e non solo la risposta complessivamente migliore). Ora l’arretramento del Pil e la recessione planetaria che si annunciano rischiano di mettere in crisi la natura stessa, l’identità profonda di un Servizio che è figlio diretto delle scelte valoriali del cristianesimo democratico.
Va innanzitutto difesa l’universalità dell’assistenza: il Servizio Sanitario Nazionale cura gli esseri umani, indipendentemente dalla loro età, dal loro genere, dalla loro nazionalità o etnia. E va difeso il preciso dovere di tutelare la salute di chiunque, anche di coloro che tengono stili di vita poco responsabili o difendono convinzioni antiscientifiche insopportabili.
Vanno curati con celerità, con efficienza, con prossimità: è bene che anche la salute, come i prodotti alimentari, siano “a chilometro zero”. Il che significa che tutti i territori debbono essere messi in condizione di assicurare ai propri cittadini, a mente dell’articolo 32 della Costituzione, attività di prevenzione, di diagnosi e di cura che evitino o riducano al minimo i viaggi della speranza.
I valori della nostra tradizione politica e culturale ci impediscono di accettare una sanità contabile e una sanità diseguale, e ci impongono di impegnarci per una sanità equa e vicina ai cittadini, Non è vero che spendiamo troppo per la sanità (in rapporto la Pil la nostra spesa sanitaria pubblica è molto inferiore a quella delle altre grandi economie europee). È vero invece che spendiamo male. Dobbiamo occuparcene. Una buona diagnosi può portare a validi successi terapeutici in mani esperte. La Sanità oggi deve coinvolgere i Medici e gli Operatori sanitari per le scelte migliori da offrire a Politici che siano i grado di fare delle buone politiche per il nostro Paese.