Aumenti a doppia cifra per i consumi di pasta, che diventa sempre più alimento super ricercato dai consumatori. A testimoniarlo il report realizzato dall’Ismea e illustrato dall’Unione coltivatori italiani, Uci, sulle: “Tendenze sul frumento duro”. Lo scorso anno la confezioni che esibivano in etichetta la dicitura 100% italiana hanno avuto una crescita a doppia cifra (13% sia a volume che a valore), ancora più marcata se si prende in esame solo il primo semestre dell’anno, + 23% l’incremento delle quantità e + 28,5% quello della spesa.
“In un comparto ormai maturo, dunque, il richiamo all’origine nazionale della materia prima ha fornito un forte stimolo all’acquisto da parte delle famiglie”, osserva l’Uci. Inoltre i consumatori si sono orientati nell’aquisto di pasta 100% italiana sui consumi totali di pasta di semola secca è aumentato: da una quota del 14% in volume e del 17% in valore nel 2018, ha superato oggi il 20% in volume e valore.
“Durante i mesi del lockdown, come verificatosi per l’intero comparto alimentare”, calcola l’Unione coltivatori italiani, “le vendite di pasta sono risultate in netto aumento. I primi sei mesi del 2020 fanno perciò segnare una crescita su base annua dell’8% in volume, e del 13,5% della spesa. In generale, la pandemia e le conseguenti misure restrittive hanno esposto le industrie della trasformazione molitoria e pastaria italiana a una forte vulnerabilità, data la strutturale dipendenza dalla materia prima estera”. Va, infatti, ricordato che i quantitativi di granella che provengono oltre frontiera oscillano annualmente tra il 30% e 40% del fabbisogno delle imprese di trasformazione.
“Tale preoccupazione è stata maggiormente sentita”, osserva l’Uci, “durante le prime settimane dell’emergenza, successivamente la filiera ha mostrato un elevato grado di resilienza: sono aumentate infatti sia le importazioni di materia prima sia le esportazioni di pasta di semola, così come il consumo domestico dei derivati del frumento duro”.