Il 28 agosto di un anno fa Carlo Calenda comunicava a Nicola Zingaretti e a Paolo Gentiloni la sua decisione di uscire dal Pd, in aperto contrasto con la scelta del partito di dar vita ad un’alleanza di governo con i 5 Stelle. “Non ho nulla in comune con loro” scriveva amareggiato l’ex ministro e parlamentare europeo. Da allora Calenda si è rimboccato le maniche e si è dedicato a costruire una forza politica, Azione, che è la novità più interessante dello scenario politico italiano da un anno in qua.
Italia Viva di Renzi, nata subito dopo la formazione del Governo Conte 2 è sicuramente un’altra importante novità. Ma, a differenza di Calenda , Renzi ha già giocato una sua prima partita da grande protagonista. Il partito di Renzi ha suscitato interesse per la personalità del leader e la imprevedibilità delle sue mosse tattiche. Per ora, Italia Viva ha dovuto ridimensionare le sue aspettative e si è assestata intorno al 3,1%. Azione di Calenda è partito in sordina ma nel corso dei mesi ha catturato un’attenzione crescente che ora viene stimata intorno al 3,3%.
Da cosa deriva l’interesse verso questa forza politica priva di mezzi e abbastanza destrutturata?
C’è innanzitutto la personalità del fondatore. Calenda gioca in prima persona, ci mette la faccia e non la manda a dire. Nei suoi interventi è sempre molto preciso, chiaro e critico senza alcuna diplomazia. Il linguaggio che sceglie ha poco del politichese e cerca di coniugare l’attenzione alla concretezza anche tecnica dei problemi alle frasi popolari e taglienti che nulla hanno di paludato.
Calenda si muove come un battitore libero. E’ deputato europeo e non ha il problema di dover decidere di volta in volta come votare nel Parlamento italiano anche se ha un solo parlamentare, Matteo Richetti, uscito dal Pd. Ha fatto parte di Scelta Civica di Monti ed è entrato nel Pd dopo la sconfitta elettorale del 2018 salendo su un carro che era allora perdente. Ha lasciato un buon ricordo del suo lavoro svolto al Ministero dello Sviluppo Economico dei Governi Letta, Renzi e Gentiloni.
Mentre Renzi, partito lancia in resta per condizionare e pungolare il Governo, ha via via smussato le sue angolosità nei confronti di Conte, Calenda ha invece accentuato le sue critiche all’esecutivo avendo le mani libere di chi non fa parte della maggioranza di cui è il censore più severo ma non da posizioni di destra.
In questo modo Calenda sta, di fatto, collocando la sua Azione al centro del gioco politico in una posizione che può fare da calamìta sia per chi appartiene al partito del non voto sia per i delusi provenienti dalla sinistra e anche dall’area del centro destra.
L’attenzione ai problemi concreti e il rifiuto delle mediazioni senza fine , tipiche della politica italiana danno di Calenda l’immagine di un leader di rottura che ne ha per tutti ma senza sconfinare nell’antipolitica e nel populismo. Calenda è europeista convinto, propone soluzioni poco demagogiche e a volte anche impopolari, è difensore del libero mercato e bastonatore delle corporazioni e si propone come l’avversario più tenace sia di Salvini che del Movimento 5 Stelle e come il Grillo parlante che denuncia ambiguità e timidezze non solo della sinistra ma anche dell’area moderata che un tempo faceva riferimento a Forza Italia.
Ma la vera partita deve ancora cominciare a giocarla. Dopo un anno di posizionamento libero e fuori dagli schemi ora Calenda deve evitare di confinarsi nello splendido isolamento in cui alcune élites liberaldemocratiche facilmente si rinchiudono , orgogliose della loro serietà, coerenza e lungimiranza ma poco attente alla conquista di un consenso ampio e duraturo indispensabile per condurre le loro battaglie.
Calenda ha due anni di tempo per tessere intorno ad Azione una complessa tela che ridia spazio politico e voce a posizioni moderate, rigorose e coraggiose su temi di rilevanza strategica per l’Italia.
Finora ha avuto gioco facile a dare pane al pane e vino al vino, tirando le orecchie a destra e manca. Fa bene a mantenere dritta la barra per un riformismo senza alchimie rifiutando qualsiasi concessione alla demagogia e al populismo. Ma da leader politico deve fare in modo di tenere aperte le porte e le finestre di Azione per dare un punto di riferimento a chi fatica a riconoscersi nelle forze in campo e cerca un centro di gravità credibile. E dovrà saper aggregare forze di diversa provenienza. Un lavoro complesso che richiede anche un’organizzazione adeguata oltre alla presenza sui social e nei programmi tv.