martedì, 19 Novembre, 2024
Attualità

Caselli: Mafia 2020 e “tagliando normativo”

Il Presidente Gian Carlo Caselli in una lettera al Corriere della Sera (“Nuova mafia, il 416-bis va aggiornato”, lunedì 22 giugno 2020, pag. 30) tratteggia la nuova mafia: «meno violenza, invece dell’abito “militare” il doppio petto… un sottile “arruolamento” di persone colte e preparate… con accesso ai salotti “buoni” e continua espansione della “zona grigia”». Da qui, muovendo dalla constatazione indubbia che l’introduzione dell’art. 416-bis del codice penale – la norma approvata sull’onda dell’indignazione per gli omicidi La Torre e Dalla Chiesa, che prevede dure condanne per la sola partecipazione all’associazione di mafia, di ‘ndrangheta, di camorra e simili – ha rappresentato uno spartiacque nella considerazione del fenomeno, propone un “aggiornamento”, «un tagliando normativo… chiedendosi appunto se la normativa vigente, pur adatta a colpire la “vecchia mafia”, sia idonea a contrastare sempre ed efficacemente anche la “nuova”».

Invito che, non essendo legato ad una emergenza, è passato quasi inosservato: ma che, al contrario, proprio per questo suo non essere derivato da un’emozione, dovrebbe essere colto, consentendo una riflessione non condizionata da specifici episodi.

La constatazione da cui muove la proposta del Presidente Caselli è esatta e, credo, percepibile anche da un semplice cittadino.

Per una riprova del differente atteggiamento, quella dismissione degli “abiti militari”, è sufficiente scorrere i dati sugli omicidi. Ho davanti a me la tabella della “ricerca Barbagli-Minello” dall’archivio del Ministero dell’interno, dalla quale, relativamente alle tre regioni maggiormente interessate dal fenomeno mafioso ricavo i seguenti dati:

Sicilia, ogni 100.000 abitanti: 9,7 omicidi nel 1991, 0,7 nel 2016;

Calabria, ogni 100.000 abitanti: 13,4 omicidi nel 1991, 1,1 nel 2016;

Campania, ogni 100.000 abitanti: 6,7 omicidi nel 1991, 1,4 nel 2016;

con un ulteriore decremento negli ultimi tre anni, stando a report annuali.

Occorre veramente guardare con occhi nuovi al problema.

Avvocati penalisti e pubblici ministeri dell’antimafia possono offrire il loro contributo e la loro esperienza, essendo certamente in prima fila davanti al fenomeno.

Ma devono spogliarsi, nell’analisi, dal loro ruolo che li pone in posizioni opposte e preconcette, con finalità differenti, superando la naturale contrapposizione processuale.

Qui il secondo contributo che vorrei dare: da semplice cittadino, ovviamente, non avendo competenze specifiche e col massimo rispetto per il Presidente Caselli (per inciso il primo contributo dato è averne colto l’invito, rilanciato dalla mia modestissima tribuna).

Il dubbio che vorrei sollevare è relativo al modo con cui si lotta il fenomeno criminale: che è solamente processuale.

Modo che ha portato nei quasi quaranta anni dall’introduzione del 416-bis a migliaia (forse decine) di processi  e condanne, ma non ha neppure scalfito il fenomeno in sé.

L’ha fatto cambiare; e la mafia, attuata la necessaria metamorfosi, è la cosa diversa oggi delineata dal Presidente Caselli.

È compito della politica ora individuarne e delinearne i comportamenti attuali e valutarli.

Descrivendo con precisione chirurgica quelli ritenuti criminali, perché non devono più esistere “zone grigie”: ma solo zone bianche o zone nere proprio per la salvaguardia dei cittadini onesti, i quali devono sapere con certezza se rischiano di entrare in un’area criminale: nella quale oggi si può cadere anche inconsapevolmente.

L’attuale zona “grigia” è quella delle interdittive antimafia e degli scioglimenti di enti pubblici per infiltrazioni mafiose: uno strumento, a mio sommesso avviso, messo in mano alla mafia,  che credo così evoluta da stare mille miglia lontana da un’amministrazione o da un’impresa “amica” e da fare emergere, invece, “contatti” quando voglia togliere di mezzo un concorrente o far sciogliere un Comune.

Anch’esso da rimeditare, comunque, esatte o sbagliate le mie considerazioni.

La più efficace politica antimafia è quella di offrire un’alternativa ed una prospettiva di lavoro (non l’inutile elemosina del reddito di cittadinanza) ai giovani: che, in mancanza, vengono attirati nelle spire criminali con pochi spiccioli e con una lusinga di potenza; e a non lasciare spazi all’usura, che trova nelle rigidi e solo formali segnalazioni bancarie, praterie aperte al riciclaggio.

Si dovrebbe ancora, piuttosto che a solo punire posteriori, pensare a come non fare svolgere l’attività mafiosa: magari con un uso esplicito e sfacciato, nei confronti dei mafiosi riconosciuti e dei loro frequentatori abituali, della tecnologia  elettronica che può consentire fortissime restrizioni anche fuori dal carcere.

E che, forse, potrebbe impedire più reati, di quanto può fare la minaccia di sanzioni anche terribili.

Ma, soprattutto, potrebbe essere – in prospettiva, certo – molto scoraggiante.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

I medici: “Ci avessero ascoltati”

Giampiero Catone

Attendendo le regionali

Giampiero Catone

Quer pasticciaccio brutto der dippiciemme

Tommaso Marvasi

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.