La gestione efficiente dell’acqua non è più un’opzione, ma una necessità economica e ambientale. È questa la premessa del quarto Quaderno del Blue Book di Fondazione Utilitatis e Utilitalia, presentato come focus tematico in vista dell’uscita del nuovo Blue Book, prevista per marzo 2026. Il documento, realizzato con il contributo di Bioreal, Hypercube e Gruppo CAP, è dedicato al tema dei certificati blu, un innovativo strumento per sostenere il risparmio idrico e promuovere una nuova cultura della sostenibilità idrica in Italia.
L’acqua, risorsa vitale per la stabilità economica e ambientale, è oggi sotto pressione a causa di cambiamenti climatici, inquinamento e crescita dei consumi. Con un prelievo medio di 30 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, l’Italia figura tra i Paesi europei più idro-esigenti.
Secondo i dati, il 56% dell’acqua è destinato all’agricoltura, il 31% all’uso civile e il 13% all’industria, mentre le perdite nelle reti di distribuzione superano in media il 42% dell’acqua immessa. Numeri che evidenziano l’urgenza di politiche di efficienza e di strumenti di monitoraggio più capillari, capaci di garantire sicurezza idrica alle generazioni future.
“Servono incentivi per ridurre i prelievi”
“Il servizio idrico integrato rappresenta solo un terzo dei prelievi complessivi – spiega Barbara Marinali, Vicepresidente di Utilitalia –. Individuare incentivi che favoriscano la riduzione dei prelievi, soprattutto per gli usi prevalenti, è coerente con gli obiettivi della nuova Water Resilience Strategy europea. In questo contesto, i certificati blu possono costituire un importante incentivo alla trasformazione dei cicli produttivi verso una minore impronta idrica”. Strumenti di certificazione e scambio di crediti ambientali applicati al settore idrico sono già una realtà in Paesi come Australia, Cile, Perù e Svizzera. I modelli principali sono due: i certificati per il risparmio idrico, ispirati ai “certificati bianchi” dell’efficienza energetica, che premiano interventi di riduzione dei consumi e di riuso delle acque; i water credit volontari, nati per incentivare progetti di tutela e recupero della risorsa, certificando i metri cubi d’acqua risparmiati.
In Italia, il Gruppo Cap è stato il primo operatore a sperimentare i water credit nel riuso delle acque depurate, dimostrando come un’azione tecnica possa tradursi in un impatto economico e ambientale positivo.
“Strumenti innovativi per una gestione sostenibile”
“L’Italia – sottolinea Mario Rosario Mazzola, Presidente della Fondazione Utilitatis – ha bisogno di strumenti innovativi per incentivare la gestione sostenibile delle risorse idriche. I cosiddetti certificati blu potrebbero rappresentare un modello efficace per premiare interventi di riduzione delle perdite, di riuso delle acque e di efficientamento degli impianti. Se ben regolamentati – aggiunge – possono mobilitare investimenti pubblici e privati, rafforzare la governance delle utilities e rendere più resiliente il sistema idrico nazionale, soprattutto nelle aree del Sud, dove le infrastrutture richiedono interventi urgenti”. La proposta dei certificati blu ha già suscitato interesse politico e istituzionale, con iniziative parlamentari e posizioni favorevoli da parte del Ministero dell’Ambiente e del Masaf, orientate alla creazione di un fondo nazionale per sostenere efficienza e riuso idrico, in particolare nel settore irriguo.
Il successo del modello, conclude il rapporto, dipenderà dalla capacità di coordinare istituzioni, Regioni, gestori, imprese e agricoltura, e di garantire trasparenza, equità e reale misurabilità dei risparmi idrici.



