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Contro il caporalato e lo sfruttamento delle persone, la dignità del lavoro, legalità e rispetto delle regole

Lettera aperta
martedì, 4 Novembre 2025
7 minuti di lettura

Caro Direttore, nei prossimi giorni ci sarà la prima udienza del processo nel Tribunale di Latina relativa all’inchiesta Satnam bis sul caporalato. I reati contestati sono: intermediazione illecita e sfruttamento di lavoro pluriaggravato.

Colgo l’occasione, pertanto, per sottoporre a lei ed ai suoi lettori alcune mie riflessioni che riguardano questo triste e drammatico fenomeno del caporalato e le formalità e le modalità di accoglienza cui deve ottemperare chi arriva nel nostro Paese come clandestino, per ottenere accoglienza.
sono un cattolico che si ispira alla Dottrina sociale della chiesa, per cui il mio giudizio sul fenomeno dell’immigrazione si è formato sulla base dei principi fondanti di questo magistero: la centralità della persona, la dignità del lavoro, la legalità ed il rispetto delle regole. Per questo, da un canto, condivido la politica del governo italiano nei confronti del fenomeno dell’immigrazione clandestina, anche per quanto riguarda il centro di accoglienza degli irregolari in Albania. E questo perché questa politica ha consentito che gli sbarchi in Italia continuassero a diminuire. Infatti per il secondo anno consecutivo, gli arrivi di migranti sono più che dimezzati rispetto al picco di oltre 100 mila raggiunto nel 2023 e 2022. “Un calo drastico, – ha detto Giorgia Meloni – che dimostra che “il fenomeno può essere controllato”… “superando un approccio ideologico”.

Dall’altro canto, però, nutro delle perplessità circa altri aspetti di questa politica.

Come noto il tribunale di Torino ha condannato l’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino per «discriminazione» e «colpevole inefficienza» nei confronti di 18 richiedenti asilo. Secondo il giudice Andrea Natale, la questura è colpevole di aver imposto loro “mortificanti condizioni”. Una parte della motivazione è chiaramente ispirata da motivi ideologici quando si parla addirittura di “criteri oscuri”. Ma sta di fatto che il problema esiste anche in altre città, ove spesso gli stranieri sono costretti a ore di attesa, in lunghe file che si snodano anche all’esterno degli uffici per metri e metri, come si può vedere in certi giorni: donne con bambini in braccio gettate sui marciapiedi da notte fonda, al freddo d’inverno, sotto il sole cocente d’estate.

Ovunque la violazione dei diritti delle persone migranti viene giustificata dalla scarsità di risorse addette al disbrigo di questo tipo di pratiche o della difficoltà di organizzazione degli uffici. Questo però non giustifica spettacoli come quelli che abbiamo visto di persona anche in altre questure. E’ indubitabile che in queste situazioni venga violato il diritto alla dignità della persona indipendentemente che sia italiano o straniero.
La verità è che nel nostro Paese si devono aspettare tempi lunghi solo per ottenere un appuntamento per presentare una pratica per un permesso. Cosi passano mesi e mesi e migliaia di immigrati si trovano a vagare nelle nostre città senza lavoro e senza fissa dimora, creando quell’area grigia di irregolarità che può sfociare in vera e propria delinquenza.

Questo lungo iter, cui si è sottoposti, scoraggerebbe qualsiasi imprenditore ad assumere un extracomunitario. La conseguenza più evidente di questa situazione è ,innanzitutto, quella del fenomeno del caporalato.

In Italia varie inchieste sono state avviate su questo fenomeno: da Verona a Livorno, ad esempio, da Latina a Bologna. Si va diffondendo anche un nuovo tipo di caporalato “digitale” nei cantieri edili milanesi per intermediazione illecita del lavoro. A Bologna, inoltre, esiste una sorta di “caporalato delle badanti”. Casi simili sono stati rilevati in Emilia- Romagna ed a Firenze, tra Modena e Bologna in tanti cantieri, circa il 60% dei manovali sono immigrati: marocchini, tunisini, pakistani, moldavi, albanesi, che vengono pagati con misere paghe sotto intimidazioni e ricatti.
Ma potremmo continuare all’infinito, perché quasi la metà dei lavoratori sono irregolari, più di un’azienda su due non è a norma. E’ il quadro emerso dai controlli congiunti effettuati nel settore agricolo da Inps, carabinieri e Ispettorato del lavoro nelle provincie di Mantova, Modena, Caserta e Foggia, tutti territori ad alta densità di braccianti. Lavoro nero e soprusi continuano a essere la vergognosa normalità in molte campagne italiane.

Ma questa situazione coinvolge non solo l’agricoltura ma anche l’edilizia, il tessile, la logistica. Ed è presente su tutto il territorio nazionale: più della metà delle aree di caporalato diffuso sono allocate nel Nord Italia ed in particolare nel Nord est, segue il Sud, il centro e le isole. Sebbene la maggior parte degli imprenditori, che sono persone oneste,non ricorra a queste forme di sfruttamento dei lavoratori più vulnerabili resta nel nostro Paese un fenomeno che può e deve essere estirpato, perché si tratta addirittura di un sistema strutturale in pezzi rilevanti dell’economia italiana.

Il 25 settembre del 2024, nell’audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia del procuratore della Repubblica di Latina, in materia di caporalato in quella provincia, il Dottor Giuseppe Falco sottolineava l’estrema ritrosia da parte dei lavoratori sfruttati a denunciare le situazioni di cui sono vittime, in quanto…“Si tratta in gran parte di lavoratori privi del permesso di soggiorno, quindi in situazione di irregolarità”… e metteva in evidenza che …“la dimensione complessiva del fenomeno criminale è rilevante. Proprio con riferimento alle modalità di ingresso in Italia di questi lavoratori”.

Caro Direttore, vediamo ora qualche caso di lungaggine burocratiche e di adempimenti complessi e defaticanti: Francesca (il nome è di fantasia) arriva in Italia nel mese di agosto 2008 proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo dove era insegnante e direttrice di scuola; suo marito professore di filosofia all’Università Cattolica di Kinshasa, viene assassinato per motivi politici davanti agli occhi della moglie e delle sue piccole figlie di 11 anni e di 6 anni, delle quali si perdono le tracce. Grazie all’aiuto di una rete di amici Francesca giunge a Roma in aereo dove viene accolta dal “Gesuit Refugee Center” e successivamente affidata ad un centro Caritas. Nel 2009, la Commissione Territoriale le riconosce lo status di rifugiata. Nel Centro Caritas rimane fino al 2011 e durante questo periodo ha seguito corsi di lingua italiana, corsi di formazione e stages. Ottiene un contratto di lavoro regolare come badante presso una famiglia di Roma, morta la signora che assisteva, avvenuta nel 2015, ottiene un nuovo contratto in un paese della provincia di ….. dove trasferisce la sua residenza. Nel frattempo le due figlie, vengono ritrovate dalla sorella di Francesca e tutte e due, grazie all’aiuto economico della mamma poterono frequentare buone scuole nel loro paese. Nel 2016 presenta domanda per ottenere la cittadinanza italiana. Avendo già lo stato di rifugiata e avendo lavorato in Italia per 5 anni con contratti regolari, avrebbe dovuto avere un percorso facilitato. Ma passa un anno dalla presentazione della domanda, e non riceve nessuna convocazione, sollecita la domanda senza ottenere alcuna risposta. Nel 2018 scopre che la sua domanda era stata sospesa a causa della mancanza o irregolarità di alcuni documenti. La comunicazione di ciò è avvenuta solo per via telematica e Francesca non se n’era accorta. Convocata dagli uffici della Prefettura della provincia di residenza al momento della presentazione della domanda al fine di integrare la documentazione, questa prefettura dichiara di non essere più competente poiché l’immigrata aveva trasferito la sua residenza a Roma per un nuovo contratto di lavoro regolare. Nel 2019 finalmente arriva la convocazione dagli uffici della Prefettura di ….. e il suo dossier viene completato. Purtroppo, a causa di nuovi decreti “Sicurezza” i tempi di attesa per la cittadinanza si allungano ancora. Nel 2020 una delle figlie muore a 17 anni a causa della malaria. La mamma ha dovuto vivere il momento della malattia e della morte della figlia da lontano, perché senza il passaporto italiano non le è stato possibile fare ritorno nel suo paese.

Alcuni mesi dopo, l’altra figlia, si laurea in scienze ambientali a ….. e desidera continuare i suoi studi in Italia con un master o un dottorato. Nel 2022, dopo 14 anni dal suo arrivo in Italia, Francesca diventa finalmente cittadina italiana. Purtroppo, essendo la figlia diventata nel frattempo maggiorenne, non è più possibile fare il ricongiungimento familiare e, fino ad oggi, non è possibile farla entrare nel nostro paese a causa di questioni burocratiche.

E veniamo al secondo caso: un giovane indiano del Panjab arriva in Italia dopo varie peripezie passando dall’Ucraina. Dispone solo del passaporto e si rivolge, tramite un connazionale conoscente già residente in Italia, ad una persona di buon livello sociale, professionista e noto per la sua disponibilità ad aiutare persone in difficoltà.

Il professionista si informa immediatamente presso i competenti uffici della questura per conoscere quale sia l’iter da seguire per regolarizzare la posizione del giovane indiano:

  • a) Presentarsi ed autodenunciarsi come irregolare è il primo passaggio; inizia perciò la richiesta di appuntamenti che viene concessa dopo mesi;
  • b) Finalmente viene rilasciato un permesso provvisorio, ma ci si dimentica, o per mancanza di collegamento telematico, di rilasciare il codice fiscale;
  • c) Il giovane pertanto non può stipulare il contratto di lavoro che il professionista/accogliente è disposto a sottoscrivere;
  • d) Si torna in questura dopo vari tentativi di appuntamenti. Finalmente viene rilasciato il codice fiscale con il quale il giovane può essere assunto;
  • e) Ma non basta, perché occorre anche una dichiarazione di ospitalità che viene prontamente rilasciata dal professionista che ha assunto il giovane;
  • f) Tutta la documentazione finalmente è stata inviata alla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, che dovrà valutare se il giovane indiano potrà restare o meno in Italia.
    Dopo questo lungo iter, si dovrebbe e si potrebbe pensare che il giovane, avendo ottemperato a tutti gli obblighi di legge, disponendo di un alloggio e di mezzi di sostentamento si veda automaticamente riconosciuto il permesso di soggiorno. Ma non è cosi, perché è tutto aleatorio ed ancora discrezionale perché la commissione potrebbe decidere anche negativamente.. Con il rischio che il giovane resti ancora e sempre clandestino con l’unica alternativa di delinquere sul nostro territorio. Siamo certi però che il Governo in carica, che ispira la sua azione alla tutela della centralità della persona ed alla difesa della dignità del lavoro, possa intervenire con provvedimenti urgenti volti ad incrementare gli organici delle questure addetti a questo tipo di pratiche ed a snellire le procedure attuali lunghe e defaticanti, limitando quanto più possibile gli adempimenti. Ed in particolare per la verità lo sta già facendo il Presidente del consiglio, varando il recente Dpcm con la programmazione 2026-2028 degli ingressi in Italia di lavoratori stranieri, che prevede tra l’altro il fuori quota di alcune categorie di lavoratori.

Caro Direttore grazie per la cortese ospitalità e cordiali saluti.

Riccardo Pedrizzi

Riccardo Pedrizzi

Presidente Nazionale del CTS dell'UCID

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