Il Parlamento greco si prepara a votare una proposta di legge che vieterebbe temporaneamente l’esame delle richieste d’asilo provenienti da cittadini nordafricani, in risposta all’aumento degli sbarchi sulle coste di Creta e del Peloponneso. La misura, presentata dal governo conservatore di Kyriakos Mitsotakis, ha scatenato forti reazioni da parte delle organizzazioni per i diritti umani, che parlano di “violazione sistematica del diritto internazionale”. Secondo il testo in discussione, il divieto riguarderebbe migranti provenienti da Libia, Algeria, Tunisia, Marocco ed Egitto, e sarebbe valido per tre mesi, con possibilità di proroga. Il governo giustifica la decisione con “una situazione eccezionale che richiede risposte straordinarie”, citando oltre 2.000 arrivi in una sola settimana sull’isola di Creta, priva di strutture adeguate. Le ONG, tra cui Amnesty International e Still I Rise, denunciano una deriva autoritaria e accusano Atene di voler “chiudere la rotta meridionale” con il supporto della guardia costiera libica. “Si tratta di una sospensione arbitraria del diritto d’asilo,” ha dichiarato Giulia Cicoli, portavoce di Still I Rise, “che colpisce persone in fuga da guerre e persecuzioni.” La proposta include anche la costruzione di centri di detenzione sull’isola di Creta, con accesso limitato e sorveglianza continua. Il premier Mitsotakis ha difeso la linea dura, affermando che “la Grecia non può più sostenere da sola la pressione migratoria della regione”. La Commissione europea è stata informata, ma non ha ancora preso posizione ufficiale. Intanto, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato la Grecia per trattamenti inumani nei confronti di minori non accompagnati, aggravando il clima di tensione. Il voto è atteso entro la fine della settimana. E mentre il governo insiste sulla necessità di proteggere le frontiere, le associazioni umanitarie avvertono: “Questa legge rischia di trasformare la Grecia in un laboratorio di esclusione.”
