Una corte d’appello federale statunitense ha decretato che le opere create esclusivamente dall’intelligenza artificiale non possono essere protette da copyright, riaffermando la necessità di una paternità umana. La decisione ha rigettato la richiesta di Stephen Thaler, che aveva tentato di ottenere il copyright per il dipinto “Un recente ingresso in paradiso”, generato dalla sua piattaforma AI “Creativity Machine”. La corte ha chiarito che, sebbene il copyright possa essere concesso per opere sviluppate con l’ausilio dell’IA, l’autore deve essere una persona fisica. La disputa è nata nel 2018 quando Thaler aveva presentato una domanda indicando “Creativity Machine” come unico autore dell’opera e dichiarandosi proprietario dell’immagine. Secondo Thaler, la macchina aveva creato autonomamente il dipinto nel 2012, descrivendo le sue IA come “senzienti” e “autodeterminate”. Tuttavia, il Copyright Office aveva respinto la richiesta già nel 2019, affermando che l’opera non soddisfaceva il requisito di paternità umana. I successivi ricorsi di Thaler sono stati anch’essi rigettati, e nel 2022 il giudice distrettuale Beryl Howell ha confermato che la paternità umana è un requisito fondamentale per il copyright. Thaler ha quindi presentato ricorso alla Corte d’appello, che ha ribadito che il termine “autore” nel Copyright Act si riferisce esclusivamente agli esseri umani. L’avvocato di Thaler, Ryan Abbott, ha annunciato l’intenzione di impugnare nuovamente la decisione, sostenendo che essa crea incertezze per la comunità creativa sull’uso dell’IA, sottolineando, inoltre, che anche aziende e autori anonimi possono ottenere diritti. Nonostante il diniego, Abbott ha accolto positivamente il crescente dibattito pubblico sulla questione. Thaler ha manifestato la sua determinazione a proseguire la battaglia per il riconoscimento legale delle opere create da macchine, sostenendo che anche queste meritano una protezione giuridica.