O tutti uniti o si va verso il baratro. Tutti insieme. Indistintamente. È stato un nuovo durissimo richiamo all’unità dell’intera Ue è quello lanciato ieri dall’Ex Presidente della Banca centrale europea e del Consiglio italiano Mario Draghi che, all’interno di un discorso che ha tenuto al Parlamento europeo, ha voluto sottolineare la necessità di un continente, il nostro, più unito e reattivo di fronte alle sfide economiche e geopolitiche globali: “L’Ue deve agire come se fosse un unico Stato, con risposte rapide. Il tempo non è dalla nostra parte”, il suo incipit, facendo presente il rischio di stagnazione economica mentre altre economie mondiali continuano a crescere. Nel corso del suo intervento, Draghi ha insistito sulla necessità di un coordinamento rafforzato tra governi, Commissione e Parlamento europeo per affrontare le sfide comuni: “La complessità della risposta politica, che coinvolge ricerca, industria, commercio e finanza, richiederà un livello di cooperazione mai visto prima”, tenendo a ribadire nuovamente che l’Ue non può permettersi di restare immobile di fronte alla competizione globale.
Una delle principali vulnerabilità dell’Unione, secondo Draghi, è la frammentazione industriale nel settore della difesa, che ostacola la capacità di risposta comune e la realizzazione di economie di scala: “Se non superiamo queste divisioni, rischiamo di diventare irrilevanti”, la sua ammonizione.
La Bussola della competitività
Draghi ha anche fatto riferimento alla ‘Bussola della competitività’, il nuovo programma presentato dalla Commissione europea, ritenendo che sia in linea con le raccomandazioni del suo rapporto sulla competitività. Ma ha sottolineato la necessità di un adeguato sostegno finanziario per garantirne il successo: “Le esigenze finanziarie sono enormi: si stima un fabbisogno prudente tra i 750 e gli 800 miliardi di euro all’anno”. Ha poi ricordato che, al momento, la Commissione non prevede l’istituzione di nuovi fondi, ma una razionalizzazione degli strumenti esistenti. Proseguendo nel suo discorso, Draghi ha lanciato una critica alla politica europea sull’ automotive e sulla transizione energetica: “Forzare la cessazione del motore a combustione interna senza un’adeguata infrastruttura per la mobilità elettrica è un errore strategico”, ha aggiunto, evidenziando la necessità di allineare strumenti e obiettivi per rendere la decarbonizzazione un’opportunità di crescita anziché un freno per l’industria europea.
Draghi ha poi toccato il tema del debito comune, ritenendolo essenziale per finanziare investimenti strategici: “Se dici no al debito pubblico, dici no al mercato unico e alla creazione di un’unione dei mercati dei capitali”. Ha poi incalzato i parlamentari europei con una provocazione: “Non si può dire di no a tutto. Se non possiamo fare nulla, allora dobbiamo ammettere che non siamo in grado di realizzare il progetto europeo”.
Un’Europa pronta ad agire?
Draghi ha quindi ribadito che l’Ue non ha alternative all’azione rapida e incisiva: “L’Unione europea è nata per garantire ai cittadini pace, sicurezza, prosperità e democrazia. Abbiamo vissuto in un’epoca relativamente confortevole, ma oggi il mondo è cambiato. Ora dobbiamo decidere: vogliamo difendere i nostri valori o vogliamo lasciar perdere? Se le recenti dichiarazioni arrivate dagli Usa delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”. Ha concluso con una nota di ottimismo, sottolineando che la decarbonizzazione, se gestita correttamente, potrebbe essere un volano per la crescita economica riducendo i costi dell’energia. “Dobbiamo abbassare i prezzi dell’energia e ridurre la nostra dipendenza esterna: questa è la strada per una vera sovranità europea”.