Mattina al Senato per le Comunicazioni sul Consiglio europeo, a pranzo con il presidente Mattarella per illustrare la posizione dell’Italia su economia, migranti, Ucraina e conflitto in medio Oriente. In serata a Bruxelles per il pre summit sui Balcani. Giorgia Meloni va di corsa attenta a non inciampare sulla via accidentata delle riforme economiche dell’Unione, mentre è in pressing sul suo obiettivo geopolitico che vede l’Italia promuovere l’allargamento dell’Unione ai paesi dei Balcani Occidentali. L’occasione arriva con la due giorni, oggi e domani, del Consiglio europeo e quindi con il confronto serrato con gli altri leader, che però pongono paletti.
Allargamento? Prima le riforme
Ieri sera il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, arrivando al vertice tra Ue e Balcani occidentali, ha mostrato attenzione, “è l’occasione per ribadire il nostro impegno”, per poi precisare “Ci aspettiamo da loro più riforme, sullo Stato di diritto e sull’indipendenza della giustizia e anche noi dal lato Ue faremo i nostri compiti”, ha osservato Michel, spiegando che i capi di Stato e di governo dei 27 lavoreranno per “identificare quali riforme sono necessarie”. La strada non sarà in discesa, anzi, per il presidente del Consiglio europeo, saranno necessari più sforzi, “vogliamo più investimenti e più sviluppo economico, per questo abbiamo messo in atto questo approccio graduale di integrazione”. Inoltre, l’Ue, ha sottolineato Michel, si aspetta dai paesi dei Balcani occidentali “più collaborazione tra loro considerando anche che il progetto Ue è basato sulla riconciliazione, per superare questioni del passato”, camminino che per Michel rappresenta “un passo fondamentale per fare ulteriori progressi”.
Meloni: Balcani cuore dell’Eu
Un percorso che l’Italia vuole semplificare, così come ha illustrato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “L’Italia è impegnata a far valere un approccio strategico” e a “fornire a questi Paesi una chiara prospettiva di integrazione europea.” Come primo passo oggi al Consiglio europeo parteciperanno anche i leader di Albania, Macedonia del Nord, Serbia, Kosovo, Montenegro, Bosnia e Erzegovina. Saranno a fianco del presidente Charles Michel, della commissaria Ursula von der Leyen, e della presidente Roberta Metsola. Un fatto che Giorgia Meloni giudica “particolarmente significativo” perché le Nazioni dei Balcani occidentali “non possono essere annoverate fra le relazioni esterne propriamente dette dell’Unione europea perché, geograficamente e storicamente, i Balcani si trovano nel cuore del Continente europeo”.
L’Unione verso Est
Il Consiglio europeo oggi affronterà, oltre all’allargamento dell’Unione verso est. E anche l’adesione dell’Ucraina per la quale ci sarà, sicuramente, lo scontro con l’Ungheria, che si oppone, e ora anche l’Austria. Nei giorni scorsi, infatti, il cancelliere austriaco Karl Nehammer si è detto contrario all’avvio dei negoziati per l’adesione di Kiev all’Unione europea, “alle condizioni attuali” e ha spiegato che non dovrebbe esserci alcun trattamento preferenziale per l’Ucraina, soprattutto rispetto alla Bosnia-Erzegovina.
La diplomazia gioca le sue carte
Rispetto ad uno scenario difficile, la “diplomazia è a pieno ritmo”, come riferisce il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Maros Sefcovic, e “i leader stanno comunicando tra loro; il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è in stretto contatto con tutti i leader e sono sicuro che anche da parte della Commissione faremo fare tutto il possibile per ottenere un esito positivo del Consiglio europeo”. Ci sarà anche il ritorno al vertice del polacco Donald Tusk, che ha messo fine a otto anni di governo dei sovranisti del Pis, e segna il ritorno “europeista” della Polonia.
Revisione del bilancio
Tra i temi difficili non ci sono solo la risposta sull’adesione di Kiev e della Moldova, Georgia e Balcani a tenere banco. Si prevedono non facili soluzioni anche sulla revisione del bilancio pluriennale 2021-2027. La proposta della Commissione voleva aumentarlo di 65 miliardi, compresi i 50 miliardi per l’Ucraina, di cui 17 come contributi al bilancio dell’Ue (per sovvenzioni) e circa 33 di prestiti attraverso investimenti di mercato, e 12,5 per la migrazione. Gli Stati membri, tuttavia, stanno riducendo le ipotesi avanzate dalla Commissione. Nell’ultima proposta negoziale, i fondi per i migranti sono scesi a 8,2 miliardi, di cui 2 per le procedure alle frontiere e 6,6 per la dimensione esterna.
La spinta dei falchi
Nel Consiglio di oggi di vedrà anche la spinta dei “falchi” come nelle trattative sul Patto di Stabilità, che a due passi dall’accordo ha inglobato le salvaguardie di rientro del deficit volute dalla Germania che ha annunciato una decisa opposizione a qualsiasi aumento del bilancio a lungo termine dell’UE oltre ai 50 miliardi di euro di aiuti previsti per l’Ucraina.
Gli obiettivi dell’Italia
Per la premier Giorgia Meloni due le aree prioritarie per l’Italia che devono essere garante dalla revisione del bilancio Ue: il sostegno finanziario a Kiev, anche nella prospettiva della ricostruzione; più risorse per gestire internamente il fenomeno migratorio anche con l’approfondimento delle relazioni con le nazioni del vicinato Sud per costruire partenariati paritari di lungo periodo; il potenziamento dell’industria europea tramite la Piattaforma delle tecnologie strategiche per l’Europa (Step).
Cosa chiede l’Europarlamento
Il Consiglio europeo è giunto quindi ad un incrocio pericoloso dove ognuno dovrà stare attento alle proprie manovre. Sono in ballo la geopolitica dell’intero continente, ma a breve i bilanci pubblici e le economie degli stati per una integrazione piena. La risoluzione degli europarlamentari, passata con 468 voti a favore, 99 contrari e 58 astensioni, chiede l’allargamento, ma “a patto che vengano fatti alcuni passi di riforma, i negoziati di adesione dovrebbero essere aperti anche con la Bosnia-Erzegovina e alla Georgia dovrebbe essere concesso lo status di candidato.” Non solo, ma gli eurodeputati, ritengono che, alla luce della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, l’allargamento sia diventato “ancora più importante” e che rappresenti “uno degli strumenti geopolitici pù forti a disposizione dell’Ue”. Per questo, chiedono alla prossima Commissione europea di nominare un commissario per l’allargamento e di garantire che le questioni bilaterali siano chiaramente separate dalla politica di allargamento dell’Ue.
L’attacco di Orban
Il Parlamento ritiene le dichiarazioni contrarie del primo ministro ungherese, Viktor Orban, sull’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina “un ostacolo al processo di allargamento” e ricordano “le potenziali conseguenze negative dell’assunzione della presidenza del Consiglio da parte dell’Ungheria nel luglio 2024.” Infine, nella risoluzione i deputati sottolineano la necessità di riforme interne dell’Ue, parallelamente al processo di allargamento, “per rafforzare la capacità dell’Unione europea di integrare efficacemente i nuovi membri, anche attraverso l’introduzione del voto a maggioranza qualificata che si applicherebbe anche alle decisioni di politica estera e di sicurezza e in settori rilevanti al processo di adesione”.