sabato, 21 Dicembre, 2024
Agroalimentare

“Terra madre? Meglio chiamarla terra figlia”

A Zungoli conclusa la prima edizione di ‘Rinascere nei borghi’

Basta chiamarla ‘terra madre’, da oggi meglio definirla ‘terra figlia’ “perché è meglio pensare al futuro dei giovani e questa locuzione dà più l’idea dell’obiettivo da perseguire: combattere la denatalità e rigenerare le radici del nostro domani”. Questo, in pratica, il sunto finale della prima edizione di ‘RiNascere nei borghi’, la due giorni di incontri e dibattiti organizzata da EcoFoodFertility e S.I.R.U. (con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri) conclusasi ieri a Zungoli, nell’avellinese. Una kermesse che ha visto di fronte esperti provenienti da ambiti diversi, dal settore medico (a partire dal deus ex machina della rassegna Luigi Montano) e scientifico alla sfera politica, culturale e imprenditoriale, per un unico grande fine: far rinascere il Paese unendo le forze, dando valore a quei territori ancora inespressi che possono dare la possibilità di un futuro migliore per le nuove generazioni, sia dal punto ambientale che professionale.

Agroalimentare di qualità

L’ultima tavola rotonda, dal titolo ‘Agroalimentare di qualità come fattore trainante di sviluppo sostenibile del territorio’, è andata in scena ieri, in una mattinata che ha visto ospiti grandi imprenditori legati al food legati proprio al territorio della Campania. Hanno spiegato, nel corso dei vari interventi, le proprie esperienze di agricoltura sostenibile, quello che serve per poter arrivare all’obiettivo di mangiare sì bene, ma anche in maniera salutare. Lavorando a braccetto con l’ambiente circostante in borghi piccoli che possono essere riqualificati e non abbandonati. Un esempio è Franco Pepe: con il suo lavoro a Caiazzo, nel Casertano, gli arrivi e le strutture sono quasi raddoppiati nel periodo 2018-2022 (+93% e 89%). Con il suo lavoro è stato capace di attrarre un numero sempre maggiore di ‘gastroturisti’ in un piccolo borgo praticamente recuperato dall’abbandono grazie all’arrivo di tanti visitatori attratti dalla pizza di ‘Pepe in Grani’, considerata tra le migliori al mondo. Pepe ha creato un rapporto sinergico con i produttori della zona, ha convinto imprenditori ad aprire locali pubblici a Caiazzo, valorizzando un flusso turistico via via sempre maggiore: “Abitiamo in un territorio bellissimo piena di prodotti, e quando hai un prodotto nella terra che hai di fianco, devi essere bravo a metterlo nel piatto: somministrare cibo è un atto di responsabilità. Io nella mia pizza racconto la mia terra”.

Progetto sostenibile

Ospite del panel, anche Alfonso Iaccarino: per festeggiare i 50 anni di attività del Ristorante Don Alfonso 1890 insieme alla moglie Livia ha rinnovato il look con un progetto sostenibile. Nel mezzo secolo di vita vissuta intensamente, il boutique hotel e Ristorante non ha mai smesso di rinnovarsi e di essere all’avanguardia nel compiere scelte e nel tracciare una preziosa via di cambiamento, sempre precorrendo i tempi. In questo 2023 la famiglia Iaccarino ha deciso, coraggiosamente, di proseguire e ampliare l’approccio sostenibile, dinamico ed etico con cui si è da sempre contraddistinta. Di qui la necessità di dedicare un anno sabbatico alla struttura storica della famiglia, rinnovata negli esterni ed interni ricostruiti con materiali naturali e votati al rispetto ambientale ed energetico, e alla nuova struttura di Punta Campanella, proprio nel cuore della tenuta, il cui unico fine è quello di regalare indimenticabili esperienze rilassanti immersi nella natura incontaminata. La volontà della famiglia è arrivare a fare turismo sostenibile e impegnarsi ancor di più nell’agricoltura biologica e rigenerativa. “Abbiamo la fortuna di vivere in un paradiso grazie al clima. Con questo progetto vogliamo anche lanciare un messaggio: il cliente va salvaguardato, deve mangiare quasi come se si volesse curare”, le parole di Iaccarino.

Lettura del territorio

Alla tavola rotonda ha preso parte anche Veronica Barbati, Presidente Avellino Coldiretti, da sempre impegnata per promuovere l’agricoltura sostenibile, la tutela del territorio e delle tradizioni agricole locali, contribuendo così alla conservazione della biodiversità e alla salvaguardia delle risorse naturali: “Serve la capacità di leggere il territorio seriamente, dobbiamo costruire tutti insieme una cordata per difendere il patrimonio delle nostre comunità, smettendola di lamentarci. I ragazzi devono vedere che qualcosa sta cambiando in questi borghi così da convincerli che per lavorare non c’è la necessità di andare a lavorare a Torino, a Milano o in Australia. Dobbiamo valorizzare le ambizioni dei nostri giovani e non spaventarli”. Territorio da raccontare Slow Food Campania è stata invece rappresentata da Nadia Savino, titolare di un’azienda agricola cresciuta puntando sull’innovazione sostenibile: “Abbiamo un territorio da raccontare, abbiamo materie prime importanti, di valore. Purtroppo oggi i giovani vanno via perché c’è uno storytelling sbagliato su questo tema. C’è il bisogno di riportare l’attenzione su questi territori che in realtà i consumatori amano perché stanchi di aree congestionate. Dobbiamo essere bravi a portare in questi borghi, lavorando, quei flussi di persone che vogliono cambiare aria visitando zone nuove e con un ambiente sano. E qui, in questi posti, la natura è sana”.

Agricoltura biologica

Pioniere del biologico, a Isola del Piano nelle Marche, Gino Girolomoni. Contadino, sindaco, poeta, scrittore, imprenditore e visionario, ha fondato un’azienda che produce pasta e prodotti bio e che oggi è capofila di un “ecosistema” che coinvolge oltre quattrocento produttori. Oggi Gino non c’è più e ieri a Zungoli a rappresentarlo c’è stato il figlio Giovan Battista: “Mio padre è considerato il padre dell’agricoltura biologica in Italia perché, pur non essendone stato il vero creatore – il suo maestro e mentore è stato Ivo Totti, agronomo e pioniere dell’agricoltura biodinamica e biologica –, ha voluto fortemente fare agricoltura in un’epoca in cui quasi tutti la abbandonavano. Ma che tipo di agricoltura? Quella naturale, biologica, rispettosa del suolo e dell’ambiente, avvertendo fin dagli anni Settanta i problemi e i pericoli che avrebbe comportato l’approccio industriale alla coltivazione. Nel fare tutto questo, essendo dotato anche di una fede cristiana molto spiccata e sentita, ha recuperato – con enormi sforzi – un monastero del 1300 abbandonato, spostandovi l’abitazione di famiglia, iniziando a fare il contadino ed ergendo questo posto a luogo simbolo di una rinascita culturale, prima che produttiva, dell’agricoltura naturale e biologica, oltre che un centro di incontro e di scambi culturali che sono andati anche oltre il tema dell’agricoltura”.

Nuove tecnologie

Da remoto si è collegato invece l’Assessore all’Agricoltura della Campania Nicola Caputo, che dopo essersi complimentato con Montano per il suo interesse sul tema, ha confermato che la Regione vuole essere un punto di riferimento per lo sviluppo delle nuove tecnologie in agricoltura, con l’obiettivo di stimolare le produzioni agroalimentari sostenibili, adeguarsi ai cambiamenti climatici e ridurre l’impatto ambientale. “C’è la necessità di cambiare approccio verso l’ambiente andando verso pratiche agroambientali e posso dire che la Campania sta investendo tanto proprio su questo”.

Le radici

Molto atteso l’intervento di Sara Roversi, Presidente Future Food Institute, che ha parlato di agricoltura rigenerativa come prossima frontiera, così come anche tutto ciò che ha a che fare con il benessere animale, la sostenibilità, il rispetto dei parametri ESG, il Climate Tech. “Oggi la dimensione agricola conta tanto. Basti pensare a quante terre incolte ancora abbiamo in Italia: contiamo una grande quantità di risorse dormienti che grazie, spesso, al contributo dei più giovani trovano una nuova vita e si prestano a nuove opportunità”. Ma il pericolo è che i giovani decidano di andare via da propri territori perché magari non sono a conoscenza della potenzialità del territorio: “Per costruire un mondo migliore bisogna partire dalle radici, bisogna tornare alla formazione”. Dal punto di vista alimentare, Roversi ha parlato di una grande problematica se, per esempio, nel Cilento ci sono sì tanti centenari, ma anche troppi bambini obesi e tantissima dispersione scolastica: “C’è qualcosa che non quadra, come non penso sia possibile che i bambini continuino a mangiare merendine preconfezionate e non possano godere di prodotti biologici del suo stesso territorio per questioni di appalti, per esempio”.

Giovani da ascoltare

La chiusura della due giorni è stata affidata a Claudio Gubitosi, Presidente del Giffoni Film Festival, da sempre al fianco dei giovani. Un esempio, lui, di come donarsi completamente al proprio paese, un piccolo borgo come quello salernitano. “Ho iniziato 54 anni fa la mia avventura, con incoscienza, facendo diventare questo Festival tra i più conosciuti al mondo con una grande ricaduta economica sul territorio. Ma oggi sono preoccupato perché oggi nei piccoli paesi vedo sempre meno giovani. Un peccato, perché la nostra gioventù è straordinaria e sta soffrendo, bisogna ascoltarli. Ma purtroppo noto che spesso le decisioni vengono prese esclusivamente da persone adulte, escludendo i ragazzi da tutto. Al mio festival i giovani sono i proprietari, noi dobbiamo essere servitori della gioventù”.

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