Il mondo senza api è quello che si prospetta a breve e nel frattempo si cerca di correre ai ripari soprattutto perché la mancata impollinazione può causare disastri a quasi tutte le colture. Secondo il World Bee Project circa il 75% delle colture mondiali si basa almeno in parte sull’impollinazione. Ma la popolazione mondiale di api, tra il 2006 e il 2015, si è ridotta del 25% rispetto ai dati precedenti al 1990. Il ritmo di diminuzione è di circa il 35% all’anno. Tendenza che preoccupa e che ha sollevato allarmi perché le api, appunto, hanno un ruolo cruciale nella pollinazione e quindi nella produzione agricola e floreale e del miele. Tanto importanti che c’è anche la giornata mondiale delle api; il 20 maggio.
Il rischio estinzione
La siccità, il cambiamento climatico, gli acari e l’uso eccessivo di prodotti chimici agricoli sono alcune delle cause principali della diminuzione delle colonie di api, ma se ciò non bastasse, le popolazioni di api stanno scomparendo anche per un fenomeno chiamato “collasso delle colonie”. Secondo l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) questo si verifica quando “la maggior parte delle api operaie in una colonia scompare e lascia dietro di sé una regina, cibo in abbondanza e alcune api nutrici per prendersi cura delle restanti api immature e della stessa regina”. Avanti così, dice l’Epa, e in un paio di decenni l’umanità non potrà più contare sulle api.
Soluzioni artificiali
I più attivi nel cercare di correre ai ripari sono gli israeliani che, negli ultimi anni, hanno avviato una quantità di start-up che, in un modo o in un altro, per proporre soluzioni che, se non altro, allungano i tempi per poter trovare la “soluzione naturale”. Beewise, ad esempio, ha realizzato “l’alveare robotico”. Nient’altro che una serie di scatole gestite dall’intelligenza artificiale in grado di creare un ambiente automatico e climatizzata adatto alle diverse specie di api. Controllo di parassiti, raccolta del miele e aggiornamento in tempo reale delle condizioni. Con ogni centesimo guadagnato Beewise riesce a salvare due api. Sulla stessa linea BeeHero, un’azienda israeliana con sede in California, che ha creato un “alveare intelligente” combinando software con hardware (alveare) per monitorare la salute delle api e produrre risultati ottimali.
Caccia ai parassiti
ToBe, invece, si occupa degli acari Varroa e ha realizzato una specie di pronto soccorso. Gli acari sono piccolissimi parassiti che causano malformazioni e indebolimento in grado di decimare anche intere colonie di api. L’obiettivo è di tutelare le oltre 100 milioni di colonie, che si stima ci siano nel mondo, per portare il collasso delle colonie causato dai parassiti dal 35% attuale all’8% meglio sostenibile. Di parassiti e disinfestazione si occupa anche BioBee che fornisce soluzioni per l’impollinazione naturale e produce in serie predatori naturali di parassiti dannosi raccogliendo ragni, mosche e api che vengono poi venduti in tutto il mondo.
Le api-robot
Un’altra azienda, la Bumblebbe, si sta dedicando all’impollinazione artificiale. Le api hanno gusti diversi e non impollinano tutte le colture allo stesso modo, e dunque anche se sono vive e sane potrebbero perdere di efficienza a causa delle variazini ambientali e delle evoluzioni degli habitat. La soluzione di Bumblebee ha due componenti principali: la parte di Intelligenza artificiale, che è un algoritmo che prevede il momento giusto per impollinare, e la parte hardware, che è un’applicazione meccanica o elettromeccanica artificiale che esegue l’impollinazione. BloomX, invece, ha messo a punto un vero e proprio robot impollinatore. Questo sistema di pollinazione si avvale di piccoli veicoli elettrici dotati di braccia meccaniche progettate per imitare il “ronzio” delle api e agitare i gambi delle piante per rilasciare il polline. L’impollinatore robotico opera dove alcune specie di api preferiscono determinate colture, lasciando altre sottopollinate.
Ode all’ape… e al miele
Infine Bee-io Honey, la più recente tra tutte le aziende, mira a risolvere il modo costoso e non ecologico della raccolta di miele: praticamente lo produce senza le api. La startup con sede a Rehovot è stata fondata nel 2021 e parte dalla constatazione che solo sette delle 20.000 specie di api esistenti producono miele, il che ne provoca un uso eccessivo e un abuso. Con la domanda dei consumatori in costante aumento e il mercato globale del miele che dovrebbe raggiungere i 14 miliardi di euro entro il 2025, le colonie di api non bastano, anche perché ognuna produce al massimo 35 chili di miele l’anno. Bee-io Honey, di fatto, produce una proteina identica a quella del miele attraverso un processo di “fermentazione”. Sistema simile della MeliBio, azienda che utilizza la biologia sintetica e la fermentazione microbica di precisione. Insomma, forse avremo ancora il miele o qualcosa di simile, ma non è accettabile rassegnarsi a perdere, come è stato con le lucciole, quell’esserino che Neruda vedeva col “vestito d’oro e gli stivali gialli. Perfetta.”