Se Domenico Modugno fosse tra noi sarebbe tentato di riscrivere la famosissima canzone cambiando una consonante, non Volare ma Votare.
Già Votare oh oh, sembra il ritornello liberatorio che in Italia si canticchia ad ogni piè sospinto, alleggerendo così il peso dei problemi e rinviandone la soluzione a data da destinarsi.
La perenne instabilità politica dei governi di coalizione genera continue aspirazioni dei partiti a tornare alle urne, magari solo dopo pochi mesi dalle precedenti elezioni con la speranza di monetizzare un pugno di consensi in più, speranza spesso mal riposta.
Votare è bello, ma si deve pure governare. Votare in continuazione non significa avere più democrazia ma solo aumentare la precarietà delle istituzioni e bloccare le decisioni necessarie.
Avere sulla testa la spada di Damocle delle elezioni che possono essere provocate da questo o quel partito o partitino spezza le ali a qualsiasi governo che abbia- ammesso che l’abbia- voglia di dedicarsi a realizzare riforme strutturali che richiedono tempo per essere pensate, scritte, approvate e attuate.
Eppure c’è una sorta di simpatia automatica verso chi invoca le elezioni anticipate a qualsiasi costo, come se provocare la fine prematura di governi e di legislature fosse di per sé una medaglia al valore da appiccicarsi addosso.
In un Paese instabile dovrebbe essere il contrario. Il partito della stabilità e non quello della instabilità dovrebbe essere oggetto di apprezzamento. Purtroppo, chi si batte per la stabilità viene spesso accusato di voler mantenere “le poltrone” mentre chi provoca crisi e fa sciogliere le Camere passa per un eroe coraggioso che non ha paura di nulla.
In realtà, salvo rarissime eccezioni, il partito del voto è anche il partito del vuoto, perché manda a gambe all’aria coalizioni di governo e legislature non per rafforzare la stabilità delle istituzioni ma per tentare di lucrare qualche percentuale in più dal ricorso alle elezioni: non gli interessa valutare quante riforme vengono bloccate, quante leggi in corso di approvazione tornano a zero, quali siano i costi del rinvio di soluzioni di problemi. Il partito del voto in genere non ha visioni strategiche ma solo tattiche, punta a far saltare il banco per calcoli di corto respiro non per costruire nuove alleanze più stabili e durature, sperando di conquistare più potere e pronto e mandare tutto a gambe all’aria alla prima occasione utile per riprovarci.
Ma il partito del voto non sta sempre dalla stessa parte politica. Oggi a te domani a me. Il guastatore di oggi, che magari dopo il voto diventa forza di governo, presto si ritrova un altro partito che, contro di lui, fa lo stesso gioco al massacro.
E così voto dopo voto il vuoto trionfa, l’Italia non è governata, i problemi si accumulano, i ritardi nelle decisioni diventano biblici, la paralisi della produzione normativa primaria e delegata diventa una morsa che strozza tutto. In nome del voto.