David Garrett è uno dei grandi protagonisti della musica dal vivo di questa estate e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ancora una volta riveste un ruolo di prim’ordine nella realizzazione di grandi spettacoli, come dimostra il concerto romano di Garrett, che si inscrive nel cartellone estivo dell’Accademia, che questa sera si conclude con il concerto di Stefano Bollani nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica.
Raccontare il concerto di David Garrett, tenutosi lo scorso 19 luglio sempre in Cavea, è agevole solo apparentemente: la fama lo precede, il pubblico lo acclama, la presenza scenica seduce. Ma proprio per questo occorre, per rintracciare l’essenza irreplicabile di un artista, evitare i tanti inciampi dell’ovvio in cui è facile mettere i piedi. Certamente David Garrett è un musicista amatissimo dal pubblico e questo sentimento si è fatto sentire potente anche questa volta; applausi a scena aperta e standing ovation, sono state cariche di un calore come raramente ho visto, quasi che il pubblico e l’artista tendessero reciprocamente verso un bisogno di toccarsi, di raggiungersi, fisicamente. Credo che qui stia il nodo dirimente di questo artista: la materia, la carne.
Del resto il sostrato necessario ai grandi incontri c’era tutto: sette anni di assenza da Santa Cecilia (l’unica presenza risale all’estate del 2016 quando eseguì il Concerto per violino di Čajkovskij diretto da Alondra de la Parra) prima che una delle massime star dell’archetto, tornasse a Roma; la presentazione del suo “Iconic Tour”, dall’omonimo album pubblicato da Deutsche Grammophon a fine 2022, e che valorizza il talento di un artista capace di riempire gli stadi con uno stile, il crossover, che ha portato il violino al grande pubblico; infine l’uscita in libreria della sua biografia, che ammiccava dalle vetrine della libreria dell’auditorium. E certo, questo artista val bene una biografia, perché la musica, la grande musica, passa per la vita e Garrett incarna il portato dicotomico del talento, sacrifici e ribellioni, istanze che diventano uno stile che ha grande merito di richiamare tutti verso la musica classica.
Garrett ha iniziato a suonare il violino all’età di quattro anni, ha debuttato sul palcoscenico a dieci, e tre anni dopo è diventato l’artista più giovane a firmare un contratto con la Deutsche Grammophon. Si è costruito una stellare carriera da solista, ha registrato i ventiquattro Capricci di Paganini, ha studiato alla celebre Juilliard School di New York, allievo di Itzhak Perlman. Negli ultimi due decenni ha suonato con molti dei più prestigiosi direttori d’orchestra, e ha raggiunto il pubblico di tutto il mondo con concerti che includono inni rock, brani “classici”, pezzi da solista e colonne sonore. La sua autobiografia “Se solo sapeste” (Baldini + Castoldi) che rivela il cammino, a tratti arduo, da lui percorso da enfant prodige ad artista adulto di successo, è stata recentemente pubblicata e si trova pressoché in tutte le librerie.
“Iconic Tour”, che si ispira ai leggendari violinisti del passato le cui melodie hanno entusiasmato Garrett sin da bambino, prevede celebri brani di Schubert (Ave Maria), Vivaldi (L’estate), Mozart (Rondò alla turca), Saint-Saëns (Danse macabre e il Cigno dal Carnevale degli animali) e molti altri che potranno essere ascoltati in nuovi arrangiamenti per violino, chitarra (Franck van der Heijden) e basso (Rogier van Wegberg). La scelta di David Garrett evoca l’epoca d’oro dei grandi virtuosi del violino, quando artisti come Zino Francescatti, Arthur Grumiaux, Jascha Heifetz, Fritz Kreisler e Yehudi Menuhin deliziavano il pubblico con celebri bis e altre rarità. Garrett si è immerso in questi capolavori senza tempo, ideando il suo programma ICONIC. Trovo che la scelta del repertorio abbia permesso di disegnare un arco perfetto che tiene insieme gli elementi distintivi di Garrett e permetta di superare la dicotomia classico-contemporaneo, perché arrangiamenti e talento dell’artista hanno disvelato il cuore pulsante, sempre vivo, carnale, appunto, di certi autori che rientrano nel canone classico, ma che sanno bisbigliare all’orecchio di ognuno di noi. Ne è esempio perfetto Antonin Leopold Dvořák, che Garrett ha eseguito nei suoi “Quattro Pezzi Romantici op.75” e che hanno fatto tremare l’intera Cavea di una dirompente energia, resa al meglio dal virtuosismo dell’artista. Autori grandissimi, per un grandissimo violinista, che trasferisce un’immagine epica e contemporanea insieme: questo è quel che tutti ci portiamo a casa da questo concerto memorabile, che restituisce centro alla grande musica. “Sfortunatamente molte splendide opere dei tempi dei grandi virtuosi sono cadute nell’oblio”, ha affermato il violinista. “Ecco perché avere l’opportunità di riportare in vita questi magnifici pezzi significa davvero molto per me”.