martedì, 17 Dicembre, 2024
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L’Italia vede rosa ma l’inflazione non scende

Le previsioni di primavera della Commissione europea dicono che il Pil del nostro Paese salirà dell’1,2% quest’anno e dell’1,1% il prossimo (a febbraio le stime erano state rispettivamente dello 0,8% e dell’1%). Complessivamente crescerà tutta l’Europa dei Ventisette: 1% nel 2023 e 1,7% nel 2024. Come illustrato dal commissario Paolo Gentiloni, nel 2023 l’Italia andrà meglio di Francia e Germania e negli ultimi tre anni ha registrato un incremento del 12%. La diversificazione ad alto valore aggiunto dei nostri campioni produttivi premia. Il costo dei prodotti energetici continua a scendere, mentre la domanda mondiale lievita. Il bonus edilizio e il turismo hanno dato una spinta fondamentale. Tutto bene dunque? Non proprio, l’inflazione rimane su livelli molto alti. Circa l’Italia, Bruxelles prevede +6,1% nel 2023 e +2,9% nel 2024. Secondo l’Istat, in aprile l’inflazione ha evidenziato un rialzo dello 0,4% su base mensile e dell’8,2% annua, dal 7,6% di marzo.

La decisione di inizio mese della Bce di alzare il tasso di 25 punti base, portando il saggio al 3,75%, conferma la criticità del momento. Oltreoceano, anche la Fed ha stabilito, sempre a inizio maggio, una maggiorazione di 25 punti base, con i tassi della Banca centrale Usa che si trovano nella fascia tra il 5% e il 5,25%. L’obiettivo della riduzione dell’inflazione del 2% è lontano. Se è vero che l’emergenza energetica dovuta alla guerra e le interruzioni nelle catene del valore legate alla pandemia non sono più drammatiche, assistiamo all’asimmetria tra la risalita dei prezzi e il loro eventuale raffreddamento. Basti pensare non solo al costo della benzina e del gasolio, ma anche al fatto, per esempio, che il ridimensionamento dei prezzi delle materie prime, come il grano duro, non ha avuto effetti sui listini della pasta.

Il nostro Governo per parte sua con il taglio del cuneo fiscale, previsto dal cosiddetto Decreto Lavoro, ha agito sulla leva fiscale. A partire da luglio e fino a dicembre, ci sarà l’abbattimento, variabile a seconda della fascia di reddito, della ritenuta contributiva a carico dei dipendenti con stipendi fino a 35mila euro.  Tuttavia, sarebbe auspicabile anche introdurre sia nuovi strumenti per il controllo dei prezzi ed eventuali manovre speculative, sia un sistema più efficace di vigilanza sugli extra-profitti conseguiti dalle grandi aziende energetiche di Stato.

Il livello di incertezza rimane molto alto a causa della guerra in corso in Ucraina e della crisi energetica, che è rientrata ma resta un’incognita. I rischi dell’economia reale cominciano ad essere sentiti e le banche sono più caute, sia in Europa che in Italia. Pesano poi i temi della gestione del Pnrr e quello della ratifica del MES. Fitch a inizio mese aveva confermato il rating BBB con outlook positivo, alzando le stime del Pil all’1,2% nel 2023. La pronuncia di Moody’s, attesa venerdì scorso, è slittata. Il giudizio rimane BAA3. Perdura una prudente fiducia nell’Italia. In ogni caso, serve attenzione, non bisogna abbassare la guardia.

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