Gli europei ed in particolare noi italiani dalla fine della seconda guerra mondiale abbiamo considerato la pace come un diritto acquisito per sempre ed eravamo convinti che mai più ci sarebbero state guerre, sopratutto nel nostro continente e meno che meno che noi vi fossimo stati coinvolti.
La guerra fredda poi con la divisione dell’Europa era stato un sistema che aveva assicurato, bene o male, un ordine di pace con un equilibrio che aveva evitato una guerra calda.
Gli accordi di Yalta consentirono che metà continente restasse sotto il potere illiberale ed antidemocratico dell’URSS; ma quell’intesa garantiva pur sempre una pace.
Quell’ordine è stato travolto per e con il crollo dell’Unione Sovietica.
Ma dobbiamo chiederci quale nuovo ordine è nato? E quale ruolo noi italiani stiamo giocando? Siamo un Paese del tutto neutrale? O facciamo parte di quell’alleanza che dalla seconda guerra mondiale ha potere decisionale su questa parte occidentale dell’Europa facendo parte di fatto dall’aerea di influenza americana?
Sta di fatto che una nuova divisione sta emergendo nel nostro continente: da una parte quei paesi dell’Est, che una volta erano sotto il tallone del Patto di Varsavia ed oggi sono fortemente anti russi e, dell’altra, i paesi dell’Ovest, al di qua del muro di Berlino, che vogliono continuare a commerciare ed avere rapporti con la Russia.
In questa suddivisione gli americani appaiono più vicini ed interessati ai primi che chiamano la “nuova Europa”, con la Polonia in testa, e noi in posizione subordinata.
Di fronte a questa situazione Papa Francesco ha più volte lanciato un grido di allarme su “una guerra mondiale a pezzi”, perché sono in corso nel mondo decine di guerre, alcune delle quali potrebbero evolversi in guerre mondiali, addirittura nucleari, quella in Ucraina e quella intorno a Taiwan, con il Mediterraneo che ribolle di crisi drammatiche.
Di fronte a questo scenario da incubo, “la voce del Papa, spesso, è vox clamantis in deserto (‘una voce che grida nel deserto’)” dice il Segretario di Stato, Pietro Parolin, in una recente intervista al periodico “Limes”, ricordando che: “il catechismo della Chiesa cattolica prevede la legittima difesa, ma questa legittima difesa armata va esercitata all’interno di alcune condizioni”; inquadrando il problema della “guerra giusta” sul piano etico e teologico “La guerra inizia nel cuore dell’uomo” e confermando che secondo il magistero sociale della Chiesa: «Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente: che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della ‘guerra giusta’. La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune» (n.2309 del catechismo della Chiesa cattolica).
E poi continua il Cardinale Segretario di Stato vaticano: “Non sembra emergere al momento disponibilità a intavolare reali negoziati di pace e ad accettare l’offerta di una mediazione super partes. Come è evidente, non è sufficiente che una delle parti lo proponga o lo ipotizzi in via unilaterale, ma è imprescindibile che entrambe esprimano la loro volontà in questo senso. Ancora una volta… vox clamantis in deserto. Ma le parole del Papa restano comunque una testimonianza di altissimo valore, che incide in tante coscienze, rendendo più consapevoli gli uomini che la pace, e la guerra, iniziano nei nostri cuori e che tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo per promuovere la prima ed evitare la seconda”. Ed anche Parolin riconosce “la possibilità di un salto negativo verso la congiunzione dei pezzi in un conflitto mondiale vero e proprio.
Come si vede l’atteggiamento di papa Francesco e gli interventi più “politici” di Pietro Parolin, in tutte queste situazioni di guerra, non sono mai ispirati da irenismo o pacifismo ideologico; ma concretamente al realismo cristiano, che insegna che per aiutare bisogna prima capire la realtà e non accettare a scatola chiusa le “ragioni di parte”, che tutti i contendenti cercano d’imporre. Bisogna portare alla luce la complessità dei motivi storici, culturali, economici e geopolitici che generano i conflitti e li alimentano.
Proprio per questo è sempre più difficile ai nostri giorni distinguere tra “guerre giuste” e “guerre ingiuste”, perché come ha spiegato Papa Francesco al quotidiano “La Stampa”, destando qualche malumore, dobbiamo allontanarci dal normale schema di “cappuccetto rosso”. “Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale con elementi che sono molto intrecciati tra di loro”.