mercoledì, 25 Dicembre, 2024
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La morte della cangnolina Kira. Le precisazioni dell’Ordine dei Veterinari di Palermo e la replica del proprietario

Sulla morte di Kira la cagnolina di Palermo, deceduta la sera del 16 aprile durante il trasporto verso una clinica veterinaria (che si sarebbe resa disponibile al pagamento dilazionato delle cure) dopo che
il suo proprietario Cardella Vincenzo Mirko, si era rivolto a due cliniche  per chiedere aiuto e, a suo dire, gli sarebbe stato rifiutato perché senza soldi, l’Ordine dei Veterinari di Palermo, in una nota del 19 aprile, racconta la sua versione dei fatti e fa diverse precisazioni riguardo l’accaduto.

Questo il contenuto della nota divulgato dall’Ordine dei Veterinari: “Viene narrata la storia di un cane di 13 anni portato per una presunta torsione gastrica in pronto soccorso presso una clinica veterinaria di Palermo, dove il personale medico si sarebbe rifiutato di prestare il soccorso opportuno. Sentiti i colleghi della struttura, visualizzate le immagini delle telecamere e acquisita la documentazione ampiamente diffusa a mezzo social si puntualizza l’esatta ricostruzione dei fatti. Il proprietario del cane si è recato presso la struttura nella giornata di domenica con una autodiagnosi, chiedendo un immediato intervento. Il medico veterinario presente in pronto soccorso ha chiesto da quanto tempo riscontrava i sintomi che avevano portato il proprietario a questa diagnosi. Il proprietario ha riferito, quindi, che il cane stava male da 24 ore. Pur non volendo esprimere giudizi su chi ritiene di aspettare 24 ore prima di condurre in pronto soccorso un cane con sintomatologia clinica grave, si rileva che tale tempistica è difficilmente compatibile con una torsione gastrica. Il medico veterinario ha deciso di effettuare un triage stante il fatto che in struttura erano presenti già un cane in visita e due pazienti in emergenza in attesa di essere ricoverati. Dal triage è risultata una respirazione a bocca chiusa e mucose nella norma. Anche questo dato è poco compatibile con l’autodiagnosi del proprietario, ma in ogni caso lo colloca tra i pazienti che non richiedono una immediata stabilizzazione. Di tale situazione viene reso edotto il proprietario, avvertendo che per comprendere l’esatta problematica del paziente sarebbe stata necessaria una visita supportata da una rx addome e torace. È opportuno sottolineare (come per altro evidente dalle foto pubblicate sui social) che il cane presentava una evidente neoformazione toracica e un forte stato cachettico. Segni evidenti di una sofferenza cronica e dell’assoluta mancanza di un controllo medico nel periodo precedente.

Per quanto sopra il medico ha iniziato ad inserire i dati necessari alla registrazione del paziente, chiedendo di acquisire il documento di identità del proprietario. Quest’ultimo si è rifiutato di procedere con la registrazione dicendo che non avrebbe pagato un euro per la procedura e che si era recato presso la struttura perché era convinto che tutto sarebbe stato effettuato a titolo gratuito. Il proprietario, quindi, ha reiterato la stessa azione presso un’altra clinica veterinaria di Palermo, con risultati sovrapponibili. Quindi non c’è stata alcuna richiesta di dilazionamento del pagamento, anche perché non c’è stata alcuna emissione di preventivo, stante il fatto che il medico non è stato messo in condizioni di visitare il paziente.

Sarebbe interessante comprendere, quindi, la provenienza delle informazioni divulgate e sulla base di quali documentazioni una certa stampa e una certa popolazione sedicente animalista avrebbe accusato la moralità della medicina veterinaria. Volendo astrarre le considerazioni necessarie dal caso specifico, per il quale si sta valutando un’azione legale per i comportamenti diffamatori e una denuncia per maltrattamento contro ignoti (stante il fatto che del proprietario del cane non si hanno notizie certe visto che non ha mai acconsentito a una registrazione dei dati personali), appare opportuno rappresentare a tutti coloro i quali hanno ritenuto che il comportamento dei medici veterinari fosse non corretto, l’esatta collocazione della medicina veterinaria nel sistema sanitario. La medicina veterinaria privata, infatti, non rientra nel sistema sanitario nazionale o regionale, non percepisce fondi pubblici ed è sottoposta a tutte le regole di sostenibilità di un’azienda privata. Il dato di fatto è che in Italia, allo stato attuale, i pronto soccorso veterinari continuano a chiudere a un ritmo estremamente preoccupante, proprio a causa degli enormi debiti che vengono contratti  per i continui insoluti da parte dell’utenza. Ciò genera tagli a interi settori di cura e la fuga dei medici veterinari all’estero. L’Ordine di Palermo per alcuni anni ha registrato una crescita zero nel numero di iscrizioni e dall’ultimo anno ha evidenziato un trend negativo. Le cancellazioni superano le nuove iscrizioni. Giovani laureati che hanno dedicato almeno 5 anni della loro vita per terminare un percorso di laurea difficile, lungo e oneroso dal punto di vista economico, decidono di rinunciare al loro sogno perché non è sostenibile. Perché lo stress lavoro correlato non è controbilanciato dalla sicurezza economica.

Abbiamo letto in questi giorni accuse, accompagnate da minacce di morte nei confronti dei medici veterinari che avrebbero scelto di fare questo mestiere per missione. Crediamo che ci sia una grande confusione sull’argomento. Quello del medico veterinario è un lavoro ad altissimo impatto sociale. Il ruolo è centrale e cruciale nel sistema di prevenzione. Costituisce un presidio di salute rivolto in prima istanza al mantenimento del corretto equilibrio uomo/animale/ambiente. Il medico veterinario è la prima frontiera nel combattere le zoonosi e quindi nel proteggere la salute umana. Ma questo è un lavoro. Lo svolgere una attività sociale, invece, è una scelta personale che viene ricavata all’interno della propria vita (sia essa anche professionale). Non abbiamo visto nessuno, per esempio, interrogarsi sul perché in una fattura per una prestazione medico veterinaria sia indicata un’Iva al 22%. Come se si trattasse di un bene di lusso e in netta antitesi con quanto succede nella medicina umana. Nessuno, quindi, percepisce questa tassazione come ingiusta e penalizzante e nessuno pensa che il legislatore debba provvedere in tal senso”.

Partendo dal presupposto che respingo e condanno qualsiasi forma di minaccia, intimidazione e violenza, nei riguardi di chiunque e da qualsiasi parte provenga, il problema dell’insostenibilità per molte famiglie delle spese veterinarie è grave e il legislatore deve farsi carico di una questione divenuta ingestibile, in cui le vittime restano gli animali. Nell’articolo precedente avevo già sollevato sollevato il problema della eccessiva tassazione dell’attività veterinaria.

È tempo di creare un servizio pubblico in base all’Isee e adeguare la tassazione veterinaria. Corre l’obbligo di ribadire che il nostro giornale non ha mai  messo sotto accusa ì un’intera categoria. Ci siamo limitati a raccontare le due versioni dei fatti, quella del proprietario del cane e quelle delle due cliniche coinvolte nella vicenda. Il tutto con estrema correttezza e aderenza a ciò che ci è stato riferito e di cui abbiamo adeguata documentazione. Abbiamo fin qui riportato integralmente il comunicato dell’Ordine dei veterinari.

Per completezza ospitiamo anche la replica del proprietario di Kira, che stando al  libretto sanitario non aveva ancora compiuto 12 anni, come invece sostiene la nota dell’Ordine dei Veterinari di Palermo. Queste le parole di Cardella Vincenzo Mirko, riportate dall’agenzia  Ansa: “Desidero che vengano visionate le telecamere di entrambe le cliniche, poiché sono io a non tollerare falsità su quanto accaduto. Kira era inappetente dalla sera di sabato, domenica dopo aver mangiato ha iniziato a gonfiarsi e subito l’ho portata alla prima clinica. Ero in sala di attesa con altre due clienti, poi sono stato accolto al banco accoglienza e mi è stato chiesto un documento che ho poggiato sul banco – riferisce il giovane – È stata chiamata la dottoressa di turno, che dopo aver palpato l’addome di Kira ha detto che bisognava intervenire per una torsione gastrica, che avrebbe fatto una lastra per vedere se poteva effettuare una manovra di sblocco, altrimenti andava operata subito. Io a quel punto ho spiegato che non avevo soldi con me e ho chiesto i costi, mi è stato risposto 200 euro per la lastra e circa 1500 euro per l’intervento e che dovevo comunque lasciare subito un anticipo”.

Il proprietario del cane continua: “Ho detto che non avevo soldi nell’immediato, ma che mi impegnavo  a saldare mensilmente. Mi è stato risposto che non si poteva fare. A quel punto ho ripreso il documento e sono andato via. Il preventivo non mi è stato ufficialmente rilasciato per questo motivo. Alla seconda clinica ho spiegato subito la situazione di indisponibilità economica e non mi è stato permesso neppure di parlare al telefono col proprietario – afferma – Quanto alle ipotesi di maltrattamento, io per primo ho spiegato alla dottoressa che Kira aveva un tumore alla mammella, diagnosticato dalla nostra veterinaria, che ci aveva sconsigliato operazione. Nessuna massa all’addome era precedente in Kira. La situazione era urgente, ho chiesto aiuto, ho ribadito la volontà di pagare a rate, mi è stata negata. Mia sorella ha chiesto aiuto per pagare a rate, non gratis, sui social e quando la soluzione è arrivata per Kira è stato troppo tardi”.

Queste le due versioni dei fatti dell’Ordine e del proprietario che, come è evidente non coincidono. A questo punto sarebbe auspicabile arrivare ad una posizione condivisa. Tutto sarebbe più semplice se, in accordo tra le parti, fosse resa disponibile la registrazione delle telecamere. In questa storia non cerchiamo carnefici. Ma una vittima c’è ed è la povera Kira. Facciamo in modo che le circostanze della sua morte possano stimolare una riflessione e soprattutto interventi concreti per assicurare l’assistenza e la cura anche agli animali di proprietari non abbienti.

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