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Le vere armi della pace

Un anno di guerra. L'Ucraina soffre, resiste, spera. E chiede ai russi: lasciate le nostre terre
sabato, 25 Febbraio 2023
1 minuto di lettura

Non chiamatela pace, se accetta che siano violati i diritti delle persone e dei popoli, sanciti dalla Carta dell’Onu e dal Diritto internazionale.

Non chiamatela pace, se è costruita sulla pelle della vittima e concede vantaggi al carnefice.

Non chiamatela pace, se stabilisce il principio che chi invade un Paese ha diritto di fare quello che vuole impunemente e di trattare, poi, da posizioni di forza.

Non chiamatela pace, se è basata sulla paura che l’aggressore possa ulteriormente abusare della sua potenza distruttrice.

Tutto questo non è pace.

E’ una legittimazione della sopraffazione.

Un trionfo della prepotenza contro il diritto.

È un atto di vigliaccheria.

Una resa immorale e irresponsabile che confligge con la civiltà che abbiamo costruito dopo le due sanguinose guerre mondiali.

È un oltraggio anche alle basi della religione cristiana.

Invocare la pace non può essere uno slogan ad effetto, un espediente per sentirsi con la coscienza a posto o, peggio, un alibi per fuggire dalle proprie responsabilità.

Nessuna pace può chiudere un occhio sulla violazione della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale di uno Stato membro dalle Nazioni Unite.

Costruire la pace significa guardare in faccia alla cruda realtà, battersi senza se e senza ma per il rispetto dei principi umani e della convivenza civile internazionale.

Chi vuole la pace non consideri il diritto alla difesa un abuso.

Se le armi servono a difendere chi è stato aggredito, quelle armi servono alla pace perché riequilibrano i rapporti di forza, presupposto per una trattativa senza umiliazioni.

Non concedere vantaggi a Putin è l’unico modo che abbiamo per riannodare un dialogo con la Russia e farla tornare amica dell’Europa. Se invece il nazionalismo incendiario dello zar avrà la meglio non ci sarà pace. Nessun Paese europeo si sentirà sicuro e allora tutto potrà succedere, anche il peggio. Che i pacifisti a buon mercato pensano di scongiurare mettendosi le bende sugli occhi.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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