venerdì, 22 Novembre, 2024
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Governo e aziende, è il momento del coraggio

Lo scenario economico internazionale – che rimane drammatico, ultimo si è aggiunto il doloroso terremoto in Turchia e in Siria – sta esprimendo effetti sorprendenti. Malgrado la guerra, il prezzo del gas sta calando. La Russia non ha più il potere ricattatorio di qualche mese fa. Prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca copriva il 45% delle forniture di gas dell’Europa, ora il 7% del totale. I suoi ricavi del gas sono un terzo di quelli precedenti alla guerra. Rispetto al quadro dei mesi scorsi, inaspettate sono anche le previsioni circa il nostro Paese: il Fondo monetario internazionale è passato da una prospettiva di recessione (-0,1%) a una di crescita (+0,6%).

Il quadro monetario è migliorato. La Fed ha smorzato il ritmo della sua manovra di inasprimento. Anche la Bce, che pure il 2 febbraio ha alzato i tassi dello 0,50%, si mostra meno apprensiva nel controllo dell’inflazione, che, del resto, in area euro, da ottobre a gennaio, è scesa dal 10,6% all’8,5%. Il Consiglio europeo straordinario, tenuto giovedì e venerdì scorsi a Bruxelles, si è concluso con un buon compromesso. Al di là delle prese di posizione sull’Ucraina e sulla questione migranti, il tema era come difendere la competitività dell’Europa in risposta all’Inflation Reduction Act dell’Amministrazione Biden. Questo provvedimento prevede crediti di imposta di circa 800 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni a vantaggio delle aziende Usa, con investimenti complessivi pari a 1.700 miliardi. Il Consiglio, che per ora esclude la creazione di un nuovo fondo salva-Stati, ha concesso, da una parte ad alcuni Paesi con maggiore capacità di bilancio, come la Germania, di rimuovere alcuni ostacoli agli aiuti di Stato ad alcuni settori industriali, dall’altra parte ad altri Paesi membri, tra cui l’Italia, maggiore flessibilità sui progetti, inclusi quelli del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Nonostante il quadro sia più positivo rispetto a quanto previsto ancora fino alla fine del 2022, sia il Governo che le aziende italiane, il primo anche a causa dello status per così dire da “debuttante” a Palazzo Chigi, le seconde per prudenza di fronte a una congiuntura incerta e di difficile lettura, hanno deciso sostanzialmente di non decidere. A mio parere questo è il momento del coraggio. Le aziende devono investire in innovazione e formazione, puntando sulle nuove tecnologie e sul fattore umano. Anche il Governo, a maggior ragione alla luce di quanto abbiamo detto sopra, quindi anche utilizzando al meglio e con nuove modalità gli strumenti consentiti da Bruxelles, deve avere la risolutezza, con una prospettiva di medio e lungo periodo, di fare le riforme, realizzare il cambiamento e rimuovere gli ostacoli che limitano il Paese: dall’istruzione alla ricerca, dalla concorrenza alla semplificazione della burocrazia, dalla giustizia al fisco. La meta sarebbe riscrivere le regole per dare competitività l’Italia per i prossimi dieci anni, per fare questo dovrebbe essere coinvolta l’opposizione, ma troppi altri motivi, come il caso Cospito, oggi dividono i due schieramenti.

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