Finalmente. Da tempo ci si aspettava che la Presidenza della Bce decidesse di parlare chiaro e di far capire ai mercati la tendenza della sua politica monetaria. Finora la comunicazione era stata piuttosto carente e opaca. Si limitava a informare sulla decisione dell’aumento dei tassi ma non indicava la strategia di medio lungo periodo.
Lasciava i mercati nell’incertezza sulle prospettive di medio periodo e aumentava la paura di una politica rialzista senza se e senza ma.
Ieri Lagarde non solo ha comunicato l’aumento dello 0,5% per i tre tassi di riferimento ma ha annunciato l’intenzione di un ulteriore aumento dello 0,50% a marzo confermando l’obiettivo di raggiungere l’obiettivo di un’inflazione intorno al 2% nel medio periodo. “Dovremo valutare quali tassi e che livello sarà necessario per fare le due cose necessarie per andare avanti. Primo, aumentare significativamente i tassi a livelli restrittivi. Secondo, mantenerli abbastanza a lungo per essere certi che porteranno all’obiettivo” di inflazione del 2%”.In pratica Lagarde prende atto che l’inflazione complessiva scende, che l’economia ha dimostrato maggiore capacitò di tenuta rispetto alle attese e si spinge a ipotizzare una ripresa nei prossimi mesi. Anche se nell’Eurozona non c’è la disinflazione che già si registra degli Stati Uniti, sicuramente il quadro è meno fosco e lascia intravvedere la fine della politica rialzista nel corso dell’anno.
Musica per le orecchie dei mercati che hanno salutato le dichiarazioni di Lagarde con il rialzo delle Borse e la diminuzione dello spread.
Probabilmente anche nelle stanze della Bce, dove predominano i rigoristi a tutti i costi, si stanno rendendo conto che l’inflazione europea è diversa da quella americana. Non è dovuta ad un forte aumento della domanda ma prevalentemente al rialzo spropositato dei costi dell’energia e delle materie prime. Prova ne è il dato che negli Usa l’aumento dell’inflazione è stato trainato da aumento dei salari che in Europa non si vedono all’orizzonte.
A Dicembre la paga oraria è salita del 5,1% in presenza di un ulteriore balzo dell’occupazione. La Bce, dunque, fa bene a rialzare i tassi per frenare l’inflazione ma deve stare attenta a non superare la soglia critica che innesca la recessione, perchè in quel caso farebbe un danno enorme all’eurozona: creerebbe la miscela esplosiva della stagflazione che bisogna evitare a tuti i costi.