L’estate scorsa in tanti si interrogavano sull’efficacia delle sanzioni, in quanto mentre l’economia europea continuava a restare sull’orlo di una possibile recessione, Il rublo, che aveva perso un quarto del suo valore all’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale”, veniva considerato la valuta più performante al mondo per effetto di un poderoso recupero.
Ora sappiamo che dietro a questa straordinaria rimonta del rublo c’era un trucco. Il Ministero delle finanze russo ha involontariamente svelato questa circostanza, rendendo noto di aver utilizzato i fondi del Fondo di Previdenza Nazionale (FSN) per colmare il buco nel bilancio.
Ecco cosa è accaduto concretamente. Il dipartimento delle finanze ha venduto valuta estera facente parte delle riserve del governo. A guidare questa operazione sono state le Banche statali e gli esportatori che controllano completamente il mercato dei cambi dopo la partenza degli operatori stranieri. In totale, il Tesoro avrebbe venduto 28,5 miliardi di euro, 2,8 miliardi di sterline britanniche e 122 miliardi di yen giapponesi, eliminando completamente le valute britanniche e giapponesi, riuscendo ad ottenere 2,4 trilioni di rubli come controvalore. Tale importo è stato immediatamente speso. Quindi, al 1 gennaio 2023, nel Fondo di Previdenza Nazionale rimanevano 10,4 miliardi di euro, 309 miliardi di yuan cinese, oro e rubli.
In pratica, il Ministero delle finanze ha “venduto” la valuta non sul mercato, ma direttamente alla Banca di Russia. Così facendo ha ovviamente condizionato il tasso di cambio del rublo.
La cosa più interessante della vicenda è, però, che il dipartimento finanziario in questo modo è riuscito a vendere alla Banca centrale quote di valuta, che erano state congelate dai Paesi che hanno aderito alle sanzioni internazionali contro la Federazione Russa la primavera dello scorso anno. In altre parole, la Banca di Russia ha ricevuto un “buco di ciambella” per i suoi 2,4 trilioni di rubli.
Si è appreso, inoltre, che non solo il Ministero delle finanze, ma anche diverse società statali russe sono riuscite a portare a termine complicati accordi di “vendita” di beni congelati alla Banca centrale. Le ferrovie russe hanno ottenuto il jackpot più grande. La società ha inviato al regolatore quasi mezzo trilione di rubli di valuta congelata. 50 miliardi sono andati a Gazprombank e alla banca DOM.rf. Approssimativamente lo stesso importo è stato pompato in Aeroflot dal governo utilizzando la stessa metodologia, dopo aver acquistato un’ulteriore emissione di azioni. In totale, nel 4° trimestre del 2022, le società controllate dallo Stato hanno ricevuto in questo modo 800 miliardi di rubli.
Interessante notare che la Banca Centrale ha quindi considerato questo denaro come un profitto inserendolo nel budget, sebbene così non fosse. in questo modo nessun pensionato ha sofferto, almeno per il momento, dell’affare del secolo. Le conseguenze si vedranno più avanti.
Gli scettici, ovviamente, potrebbero chiedersi cosa si inventeranno il Ministro delle finanze Anton Siluanov e il Capo della Banca Centrale Elvira Nabiullina quando le risorse finanziarie del Fondo di Previdenza Nazionale si trasformeranno finalmente in beni della Banca di Russia congelati dall’Occidente. Ma questa parte del “gioco di prestigio” è in realtà persino più semplice. Oltre alle risorse “liquide” (che comprendono la valuta dei conti sequestrati), il “cilindro magico” del governo ne contiene anche alcune molto meno liquide, connesse con alcuni investimenti. Ad esempio, una partecipazione di controllo in Sberbank, che il governo ha acquistato dalla Banca centrale nel 2020 per 2,5 trilioni di rubli.
Il Ministero delle finanze potrà, con la stessa facilità, vendere ulteriori azioni all’organismo di regolamentazione. Per fare questo, tutto ciò che serve è che il capo di Sberbank, German Gref, prometta di non entrare in conflitto con la Banca Centrale.
Quando questi trilioni si esauriranno, sarà possibile tornare nuovamente alla configurazione attuale, con un ulteriore “fittizio” vantaggio di bilancio di un paio di trilioni. O inventare qualche altro trucco contabile.
Fino a quando il rublo non verrà venduto sul mercato reale, per l’economia russa non vi è alcuna differenza significativa circa la provenienza delle risorse finanziarie che il governo spende. La cosa principale è che queste non sono entrate fiscali. Cioè, non si tratta di ridistribuzione, ma di spendere fondi aggiuntivi. C’è stato un aumento significativo del denaro in circolazione, ma beni e servizi non sono aumentati. Né di quelli prodotti in Russia né di quelli importati.
Di norma, massicce iniezioni di liquidità iniziano a influenzare i prezzi al consumo con un ritardo di circa 2-3 mesi. Ciò significa che già a marzo potremo vedere le conseguenze dei “trucchi” realizzati a dicembre da Siluanov e Nabiullina.
I miracoli nell’economia reale, ovviamente, accadono, qualche volta, ma quelli realizzati dalla Russia nel 2022 erano solo “giochi di prestigio”. Nel 2023, non potranno essere ripetuti ed i russi dovranno stringere la cinghia.