Educare alla finanza non è impresa facile e spesso è considerato un “optional” del percorso formativo. Invece è anzitutto un esercizio di più complessiva e trasversale educazione civica in senso sia politico istituzionale che economico imprenditoriale. L’educazione finanziaria mette in evidenza e rende accessibili anche a chi non ha studiato o praticato la materia una serie di terminologie e di metodologie funzionali sia al buon governo pubblico, sia alla buona gestione domestica e aziendale.
Si tratta di un’attività divulgativa che in Italia – come più volte ribadito dal Presidente dell’ABI Antonio Patuelli – annovera nella veste di pioniere e di “cattedra ambulante” Giuseppe Ghisolfi. Trent’anni fa in provincia di Cuneo, il banchiere Ghisolfi, allora Presidente della Cassa di risparmio di Fossano, ebbe un’intuizione nel corso di una lezione ad una scolaresca di un istituto didattico elementare: spiegare in parole semplici i concetti complessi dell’economia e della finanzia in modo che fin dai banchi di scuola possa crescere la comprensione di questi problemi e la consapevolezza dei comportamenti da adottare verso queste complesse realtà
Da allora, l’educazione e l’alfabetizzazione economico-finanziaria è diventata una specie di missione civile e culturale per Ghisolfi. Si deve al suo impegno indefesso se la finanza è diventata un bagaglio di apprendimento messo a disposizione di più generazioni.
Come docente volontario e di relatore in più sedi, Ghisolfi si è battuto e si batte in prima persona affinché venga reso obbligatorio nelle scuole l’insegnamento dell’ educazione economico-finanziaria. In questo ambito è stata molto apprezzata la sua audizione in Parlamento, in occasione dell’esame del testo unificato dei progetti di legge volti a renderne obbligatorio l’insegnamento nelle scuole. Un traguardo che si spera potrà essere raggiunto nel corso della legislatura.
Ghisolfi ha pubblicato di recente con l’editore Nino Aragno un testo agile intitolato “Abbecedario – Le parole dell’economia” che aggiorna il “Manuale di educazione finanziaria” pubblicato sempre con Nino Aragno nel 2014. Il volumetto è scritto con un linguaggio molto elementare, adatto agli alunni della scuola primaria e secondaria. Potrebbe essere utilizzato come libro di testo per l’educazione finanziaria qualora la materia diventasse finalmente obbligatoria negli ordinamenti scolastici. Alcuni anni fa, insieme a valorosi ami ci, Ghisolfi ha fondato l’Accademia di educazione finanziaria. Quando nel 1997 iniziò a girare le scuole era praticamente solo. In quegli anni l’esigenza di conoscere i termini della finanza non era affatto sentita. “Ricordo ai giovani -scrive Ghisolfi- che oggi è più che mai indispensabile occuparci di economia perché prima o poi, nella vita, essa si occuperà di noi. Tanto vale adeguarsi per difendere i nostri risparmi e per comprendere i complessi fenomeni che accadono intorno a noi, molto spesso legati all’economia e alla finanza”
Di seguito pubblichiamo, a mo’ di esempio, alcune definizioni contenute nel testo di Ghisolfi:
BAIL-IN
È un termine inglese. Significa “salvataggio interno” ed è riferito ad una banca. La normativa scatta in caso di gravissima crisi di una banca. Se si applica il bail-in sono in molti a pagarne le conseguenze. Azionisti, obbligazionisti e di seguito anche i clienti che detengono depositi superiori ai 100 mila euro per la parte eccedente questo importo. Prima di ricorrere a questa misura estrema (molto discussa e contestata) le Autorità cercano altre vie per salvare la banca in crisi, come l’acquisizione da parte di una banca più grande o di un gruppo di banche. A volte, ma la normativa è alquanto complessa, per evitare il disastro interviene lo Stato, diventando azionista della banca coprendone le perdite. Ciò è avvenuto ad esempio per il Monte dei Paschi di Siena che, ad oggi, è l’unica banca pubblica. Tutte le altre sono private ed hanno come azionisti le Fondazioni, i Fondi e soggetti privati.
CREDIT CRUNCH
In questi anni si criticano le banche perché non erogano denaro alle famiglie e alle imprese. Questo fenomeno, legato a periodi di stagnazione o recessione, viene chiamato “credit crunch”, cioè “stretta del credito”. In periodi di crisi le aziende non investono, a volte chiudono, e in generale chiedono meno denaro. Molte altre, invece, continuano l’attività con crescenti difficoltà. In queste condizioni le banche sono restie a nuovi finanziamenti causa l’impossibilità concreta di veder restituito il denaro. Ecco perché scatta il credit crunch. Come spiega il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli: “Nel 1992 i prestiti delle banche italiane ammontavano a 585 miliardi, nel 2002 erano quasi raddoppiati con 1.036 miliardi. Dal 1992 c’è stata una crescita costante. Nel 2007, anno prima della crisi, si è arrivati a 1.517 miliardi e alla fine del 2008 sono stati concessi 1.592 miliardi di prestiti. Nel 2009 i prestiti sono stati 1.621 miliardi. Nel 2010, anno immediatamente successivo, 1.754. Nel 2011 si arriva a 1.784. Nel 2012 si è verificato il vertice massimo con 1.797 miliardi. Siamo in prossimità della cima, del tetto massimo” (tratto da “Il Mondo”, 19 ottobre 2013).
FISCAL COMPACT
A causa della pandemia queste regole sono state sospese e saranno riviste quando tornerà la normalità. L’accordo risale al 2 marzo 2012 ed è stato sottoscritto da 25 Paesi dell’Unione Europea. Non l’hanno firmato Gran Bretagna e Repubblica Ceca. Il patto contiene una serie di regole, chiamate “regole d’oro” per conseguire gli equilibri di bilancio statale. Per l’Italia, più che di regole d’oro si dovrebbe parlare di lacrime e sangue. Tra i tantissimi impegni sottoscritti, molto gravoso è quello di ridurre in vent’anni il rapporto debito pubblico/Pil al 60%. Occorrerebbero quindi tagli di spesa molto consistenti. La pandemia, come dicevamo, ha bloccato tutto ed il patto sarà ridiscusso nei prossimi anni.