Il genio, la rabbia, il dolore, la fame, il successo e un mondo che si piega sedotto sotto le note del suo bandoneon, questo strumento che geme, soffre, piange e non conosce un attimo di respiro: Piazzolla ha cambiato lo scenario mondiale, ha inventato una nuova strada per la musica e per il tango. Una furia, la sua, che ha spaccato argini e regole per sottomettersi solo allo sconfinato che aveva dentro e condurci tutti dentro un universo musicale, dove ogni sentimento non è più ospite dello spazio angusto della norma, ma trova terreno e espressione, vive e suona tutta la sua potenza emotiva.
Per questo il mondo lo ha seguito, perché il suo è un “per aspera ad astra,” in cui l’animo umano si rispecchia e spera.
Per questo è un personaggio a cui guardare, come a certe stelle più luminose del firmamento, perché la sua tensione oltre il limite è illuminante per ognuno, basti ricordare il confronto impari con la natura, a cui si esponeva, nudo e onesto, nella pesca allo squalo, tensione tra forze umane e naturali, che ritroviamo nel suo celebre brano “esqualo”.
Per questo la Compagnia del Balletto di Roma nel 2021 inizia un viaggio tra le suggestioni e le sonorità del tango in occasione del centenario della nascita di Astor Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921), autore e interprete musicale tra i più importanti di questa forma d’arte nata a fine ‘800 nei sobborghi di Buenos Aires.
Sorto dall’esigenza di comunicare tra culture, lingue e tradizioni diverse, il tango ci ricorda chi siamo, da dove veniamo e qual è stato il percorso che ha indissolubilmente unito umanità distanti in un comune “non luogo”, oltrepassando oceani e confini. Proprio il mare è il fil rouge che unisce o separa nuovi mondi e speranze: uno spazio immenso da attraversare dove si rischia di perdersi; vortice di riflussi e moto ondulatorio che scandisce il ritmo di partenze e ritorni.
Astor, nuova produzione del Balletto di Roma, è un “concerto di danza” in cui le musiche di Piazzolla, arrangiate da Luca Salvadori ed eseguite dal vivo dal bandoneón di Mario Stefano Pietrodarchi, esecutore brillante di fama internazionale, emergono come le vere protagoniste in una nuova armonia artistica danzata. Un soffio, un respiro, quasi una parola, ci svelano la fragilità dell’uomo Piazzolla, ma anche quella di tutti noi che abbiamo subìto oggi una distanza forzata, una relazionalità dematerializzata, un contatto interrotto, una vita spezzata.
In scena, ispirato dalla carismatica presenza del maestro Pietrodarchi e dalle preziose immagini di Carlo Cerri, Valerio Longo porta otto danzatori del Balletto di Roma a compiere un viaggio trasformativo in cui respiri, abbracci e fusioni sono al centro di azioni coreografiche intense, astratte e fuse in quel moto ondulatorio magico del bandoneón.
La parola-chiave è “coraggio”: quello declamato dai testi immortali di Jorge Luis Borges nei suoi tanghi e milonghe, così come quello dello stesso Piazzolla, che ha rotto gli schemi della musicalità del “tango viejo” per arrivare al “nuevo tango” che tanto lo ha reso celebre nel mondo. A curare tutti gli elementi compositivi di quest’opera/concerto è la maestria e l’esperienza di Carlos Branca, regista argentino di spicco sulla scena internazionale e profondo conoscitore dell’uomo Piazzolla.
In questo spettacolo tutto è sangue che scorre, la biografia di Astor Piazzolla è scandita da tappe musicali precise, momenti cruciali che si legano alle città e alle esperienze della sua vita, in un concerto di danza a lui dedicato perciò era quasi inevitabile ripercorrere quel cammino, già tracciato, per raccontarlo.
Così è nata una vera e propria colonna sonora, fatta principalmente dalle sue musiche indimenticabili, ma anche da altre, che lo hanno accompagnato e a volte influenzato: una serie di tracce e di memorie che provano a divenire racconto, ad allargare lo sguardo sui luoghi e le epoche in cui Astor è cresciuto e maturato come uomo e come artista.
Tutto è carnale sul palcoscenico del teatro Quirino nello spazio di questo spettacolo eccellente: l’onda che sbatte e scuote destini diventa principio animatore, più del respiro dello straordinario corpo di ballo; l’aria che si comprime e assottiglia tra i corpi che si cercano, si sfiorano, arretrano e si slanciano nella salvezza disperata dell’abbraccio.
La forza di questo spettacolo, oltre tutta la bellezza di cui è portatore, è nella capacità di incarnare l’incontro d’amore. Piazzolla, mette nella musica l’espatrio e la memoria che sono necessari affinché si arrivi a fare l’amore, che non è mai una mera mescolanza di corpi, ma fusione di case, strappi, addii, che trovano sutura nelle braccia dell’altro.