Ci sono artiste che quando appaiono sembrano rivestite di trasparenti ghirlande di grazia, di quell’indefinibile cambio di aria che sembra rallentare e fiorire al contempo. È uno stato non traducibile interamente, un alone di armonia di cui non si evincono i componenti e lo si derubrica come “effetto palco”, per trasmettere l’idea che su un palco ogni donna acquista fascino e spessore.
Poi arriva Gloria Campaner e quel modo di portare se stessa come se suonasse una segreta partitura con lo spazio, con lo sguardo, con l’altro, e rivela la natura reale della grazia: un nucleo animico che irradia verso l’esterno, mai il contrario. Il palco, le luci non hanno meriti, anzi, ci spiegherà lei, sono regali dalla confezione pesante, perché dentro è nascosta una solitudine assoluta in cui, prima del pubblico, vengono a farti visita tutte le tue paure.
L’ultimo Concerto a Roma, il 15 dicembre scorso al Teatro Argentina nell’ambito della stagione dell’Accademia Filarmonica Romana, ha dato il la a un lungo stop ai concerti in Italia e all’estero, perché questa stasi apparente in realtà segna la nascita di percorso di dedizione e dono: dedicarsi a tempo pieno al suo progetto per Aiutare i giovani a vincere la paura del palcoscenico. Un cambio di passo che sarà segnato anche dalla decisione di trasferirsi a vivere stabilmente a Roma. È una fase cruciale per la pianista Gloria Campaner, per questo suo addio alle scene per almeno uno o due anni la musicista di Jesolo ha scelto i 24 Preludi op. 28 di Chopin, autore a lei molto caro, incisi Durante il lockdown per Warner Classic Italia. Con lei sul palco era presente il compagno, lo scrittore Alessandro Baricco che ha introdotto i brani con spunti e osservazioni. Il nuovo Anno, dunque, vedrà Gloria Campaner impegnata per andare ancora più a fondo con il suo laboratorio C# See Sharp, avviato da anni per allenare i nuovi talenti a vincere lo stress di mostrarsi in pubblico. Lontano dall’ attività concertistica Gloria Campaner, conosciuta per aver portato la sua musica
Anche nelle favelas di Rio e nei ghetti delle città Sudafricane, potrà ‘’buttarsi a capofitto’’ nello studio di Materie extramusicali, dalla psicologia ai corsi di Coaching, per conoscere la sfera biopsichica dell’essere Umano, saper ascoltare gli altri, trovare le parole giuste.
Domanda di rito Gloria, cosa ha animato la tua scelta?
È una scelta che portavo in grembo già da un paio d’anni, ma arriva da un impegno che affronto da molti anni sia per quel che concerne la parte formativa dedicata ai ragazzi, sia la parte di coaching della performance, che nel nostro mondo, quello delle arti performative, soprattutto dei musicisti, è una figura mancante. Si è veramente molto soli, noi abbiamo da sempre a che fare con dei bravissimi maestri che insegnano la tecnica musicale, imprescindibile, però l’allenamento per fare al meglio una performance dovrebbe andare di pari passo ed è un altro tipo di training. In assenza di questo molti talenti si perdono per strada, perché il meccanismo spietato che arriva da fuori (pubblico, critiche, pressione psicologica, paura) e le emozioni si sommano creano ripercussioni sul nostro bioritmo, creando meccanismi auto-sabotanti che si ripercuotono sulla qualità della performance. Questo io l’ho visto accadere molte volte, quando le conseguenze sono gravi i musicisti arrivano ad allontanarsi per sempre dal palcoscenico. Quindi per approfondire queste tematiche, tutt’altro che banali, sono necessari una presenza e uno studio a tempo pieno.
Dal punto di vista personale, perdere qualcosa per dare qualcosa in più ad altri, cosa significa? Pesa la capacità di donarsi?
Io non sono mai stata molto ambiziosa, ma grata e persino stupita del raggiungimento di alcuni miei obiettivi. Alleno il mio ego per il palco. Ma in termini di messaggio universale, suonare è ciò che so fare e trovo giusto donarlo, se avessi saputo fare altro avrei donato altro. Sono anche contenta di togliermi io dal palco e dedicarmi a chi sente questa gioia che offre e dona la musica, perché possa portarla avanti. Ho avuto modo di toccare, sia per quel che riguarda me, sia nelle vite degli altri, anche in situazioni molto difficili, di disagio sociale, il potere curativo della musica.
A proposito di cura, quale reputi sia il potere curativo della musica?
Il valore curativo della musica ormai è acclarato, sia per chi la esegue, sia per chi la ascolta, la musica non può mai ferirci, anche quando veicola qualche contenuto triste. È come se scendessero lacrime che non sai bene se sono di gioia o di dolore, ma non importa, stanno smuovendo il tuo animo, e questo è sempre benefico. Anche in ambito clinico la musica ti permette di rafforzare l’identità, smuovendo ricordi, emozioni, ti fa accorgere di essere vivo e questo è fonte di attaccamento alla vita, necessaria di fronte ad ogni malattia.
Alessandro Baricco ti ha accompagnato in quest’ultima performance sul palco, un arrivederci al tuo pubblico. Cosa pensi della collaborazione tra le arti e dell’armonizzazione dei diversi linguaggi?
Sono assolutamente a favore dell’incontro tra diverse arti. Credo molto nella contaminazione ben fatta tra le arti. In parte si è sia anestetizzato che velocizzato l’andamento sociale, quindi prendere il pubblico in maniera multisensoriale è un modo di raggiungerlo più profondamente. Sono onorata che Alessandro abbia presentato questo concerto, per la sua capacità unica di parlare con il pubblico e condurlo dentro l’esperienza artistica.
Foto di Marta Cantarelli