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La dialettica pensiero-lavoro

venerdì, 4 Novembre 2022
2 minuti di lettura

Il lavoro non manuale è inteso, spesso a torto, come sforzo d’ingegno. Mentre troppe volte diviene talmente meccanico e ripetitivo nell’atto in sé da rendersi nella sostanza ancor più manuale e pure alienante; come per la condizione alienante marxista – reinterpretazione della dialettica servo-padrone hegeliana – che oggettifica il soggetto agente del lavoro perché lo identifica con gli oggetti che produce.

LA REGOLA DEL PENSIERO E’ NON AVERE REGOLE

Il solo e reale lavoro d’ingegno infatti è quello che renda libero il pensieroquello che non rientri ed anzi rifugga paradigmi precostituiti. Ecco perché chi sa pensare in genere soffre l’esistenza di regole ferree da seguire ed imparare prima di applicarle nel lavoro ma invece ne inventa sempre di nuove sul campo, prendendo le regole già esistenti più come uno spunto significativo che non come un principio essenziale ed irrinunciabile. Perché in effetti sono le regole a doversi adattare al lavoro e a chi lo fa e le pensa e non il soggetto operante a rendersi schiavo e dunque oggetto dei suoi stessi strumenti di lavoro.

LE REGOLE PER IL PENSATORE COME GLI STRUMENTI IN FABBRICA

Le regole infatti sono quegli strumenti prodotti dal pensatore e da colui che lavora d’ingegno per svolgere meglio il suo atto produttivo. Ma appunto, proprio in ragione di questo, non devono diventarne il fine e dunque l’applicazione di una regola non deve imprigionare o limitare il pensiero nella sua creatività e nel suo lavoro, come spessissimo rischia di fare. Causeremmo altrimenti una produzione vana e sempre uguale a sé stessa, omologata, piatta e monocorde come quella che produrrebbe un automa privo di intelletto ma fornito soltanto di una miriade di schemi di comportamento sicuri e già testati.

IL MECCANISMO E’ FIGLIO DELL’INGEGNO

Sono l’insicurezza, l’incertezza e la curiosità di scoprire che succede e se funzionerà i moti propulsivi della produttività e della creazione. E se le regole non si evolvono, restano ferme e non cambiano, significa che c’è un problema d’ingegno (e non di meccanismo!) ergo di produttività e di risultatoPerché ben prima del meccanismo e cioè della regola, viene l’ingegno di cui è figlia. Il risultato infatti non c’è se non c’è cambiamento, innovazione: ovvero lavoro del pensiero.

RENDERE FATTO IL PENSIERO

Ed ecco perché non è sempre facile accettare qualcuno che propone e fa nuove regole per cambiare senza seguire ciecamente quella già fatte, già pensate e non eternamente valide rispetto alla naturale evoluzione dei tempi. E perché uno tanto sveglio da riuscire a cambiare le regole verrà certamente ostacolato strenuamente dagli “automi” che non sanno pensare e che temono chi sa farlo. E’ più comodo rendersi oggetto di una regola piuttosto che pensatore e soggetto attivo e capace di rendere atto effettivo il lavoro più puro, originale, brillante: quello della mente.

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