Fine anno con il botto della pressione fiscale: il peso delle varie tassazione in Italia arriva alla punta record del 42.4%. Mentre, con una punta di soddisfazione, il costo del fisco scende al di sotto del 60% per le piccole e medie imprese. Dati altalenanti ma in generale per le Associazioni di categoria e i lavoratori autonomi, il coro è unanime: la pressione fiscale “è il nemico numero uno” per chi vuole fare impresa in Italia.
Il record toccherà il mese di dicembre, per gli analisti tributari segnerà l’ennesimo record per il nostro Paese che, secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di bilancio, dovrebbe essere un record di tasse che sarà addirittura battuto il prossimo anno. Nel 2020 quando dovrebbe crescere di un ulteriore mezzo punto percentuale. Per i siti specializzati in politiche economiche e fiscali l’Italia si avvicina così ai livelli di tassazione dei Paesi scandinavi dove, però, i servizi al cittadino da quelli sanitari a quelli del welfare statali sono un fiore all’occhiello rispetto a quelli burocratici e antieconomici del nostro Paese.
Le più colpite dall’insieme di norme fiscali rimangono le piccole imprese. Secondo il rapporto dell’ufficio studi di Confartigianato, il carico di tributi vari diventa insopportabile per micro aziende i cui utili si sono assottigliati a livello di sopravvivenza imprenditoriale.
In pratica per la Confederazione degli artigiani in Italia si pagano “18,6 miliardi di tasse in più rispetto alla media europea, pari ad un maggior prelievo di 308 euro per abitante”. La grande speranza del 2019 per le pmi si chiamava “Flat Tax”, ossia una tassazione con una imposta fissa del 15%; aspettative deluse dal momento che della tassa piatta non si parla più, dopo mesi di clamori e annunci. Con tasse e balzelli troppo alti scende a livelli critici la competitività delle imprese sulle quali pesa anche il cuneo fiscale sul costo del lavoro dipendente, pari al 47,7%, vale a dire 11,8 punti superiore al 35,9% della media Ocse, sottolinea Confartigianato. “Siamo tra i peggiori d’Europa anche per la tassazione sull’energia: paghiamo 16 miliardi in più rispetto alla media europea”, denuncia ancora l’associazione, sottolineando che “l’Italia è al 46esimo posto della classifica mondiale per le condizioni favorevoli a fare impresa”. Insomma il 2019 è stato un anno delle mancate svolte e ora il timore che il 2020 sia ancora più pesante.
Stessa preoccupazione per la Rete Imprese Italia, l’associazione che unisce i sindacati di rappresentanza del mondo delle PMI cui anche Confartigianato aderisce, già ascoltati dalla Commissione Finanze in Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli organismi della fiscalità e sul rapporto tra contribuenti e fisco. Per Rete Imprese Italia è urgente determinare una svolta possibile solo con una vera lotta all’evasione per ridurre il peso del fisco su quanti pagano. “L’attuale sistema fiscale”, calcola Domenico Massimino, presidente provinciale di Confartigianato Cuneo, nonché componente di Giunta nazionale, “è utilizzato sempre più spesso non come strumento di politica economica a favore di crescita ed equità, ma solo come fonte di maggiori entrate in cui il fattore spesa è la variabile indipendente a cui le entrate devono continuamente adeguarsi.
Va capovolto il paradigma: è la spesa pubblica che deve essere riportata entro limiti che consentano una tassazione non oltre la media europea. In particolare, è fondamentale che le maggiori entrate provenienti, in primis, dal contrasto all’evasione siano totalmente destinate alla riduzione della pressione fiscale per imprese e famiglie”. Secondo i calcoli di fine anno anche se l’aumento percentuale della pressione fiscale non è direttamente legato all’aumento quantitativo del gettito fiscale, per questo fine 2019 nel tirare le somme, saranno contabilizzate le maggiori entrate erariali per 8,5 miliardi di euro. Di queste 337 milioni arriveranno dall’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, 680 milioni dalla cosiddetta “Pace fiscale” e 768 milioni dall’aumento della tassazione sui giochi d’azzardo. Di notevole portata anche etica, la tassa sul gioco, misura approvata nella Legge di Bilancio 2019, varata dal Governo “Conte 1”, che decise di aumentare la tassazione su slot online e altri giochi d’azzardo, elevandole ulteriormente rispetto ai livelli attuali. Lo Stato ha fatto cassa su uno dei vizi più comuni tra gli italiani, tentando così di recuperare somme da destinare a progetti per combattere le ludopatia.
Il livello della tassazione sulle giocate sale al 55,2% del totale. Per capire il fenomeno dal punto di vista economico bastano alcuni numeri, lo scorso anno gli italiani hanno giocato in totale 19 miliardi di euro, il 62,6% dei quali proviene da videopoker e slot machine. Di questi 19 miliardi giocati tra slot online, casino online e altri giochi d’azzardo, 10,4 miliardi sono finiti direttamente nelle casse dell’erario sotto forma di tasse e balzelli vari.
Allo stesso tempo, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, di concerto con la Guardia di Finanza, hanno messo in atto diverse iniziative per contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo illegale online. Sono stato chiusi oltre mille siti che operavano senza licenza.