sabato, 16 Novembre, 2024
Politica

Dignità sul lavoro. Il Parlamento dia l’esempio

Secondo voi esiste un deputato o un senatore che dichiari pubblicamente di battersi perché il lavoro sia senza dignità? Nessuno. E come potrebbe farlo? L’art.1 della Costituzione solennemente dichiara che la Repubblica è fondata sul lavoro. Quindi….

Siamo tutti contenti. E siamo felici quando si varano norme che orgogliosamente si chiamano “decreti dignità” o leggi contro il lavoro nero, il caporalato e tutto ciò che offende chi lavora.

Poi però, quando si passa dalle prediche e dai voti alla vita quotidiana dei parlamentari le cose vanno un po’ diversamente. Non per tutti, per fortuna, ma per molti eletti dal popolo vale il principio ” fate quel che dico (e per cui voto) ma non fate quel che faccio”.

Mi riferisco al problema dei collaboratori di deputati e senatori. Sono delle figure professionali importanti perché svolgono un ruolo delicato che le porta quotidianamente a contatto con l’attività legislativa del deputato o senatore con cui collaborano. Queste persone, quasi sempre giovanissime, entrano nella carne viva delle istituzioni e del luogo ove risiede la sovranità popolare. Maneggiano testi normativi, oltre che agende degli impegni del parlamentare, di cui seguono e organizzano la presenza nelle Commissioni e nelle Assemblee legislative.

Non per niente, tra le tante parti che compongono il paniere dei soldi che noi paghiamo a deputati e senatori è prevista una specifica voce che riguarda proprio il compenso fissato per i collaboratori o assistenti parlamentari: 3.600 euro al mese per ogni deputato e 4.100 euro al mese per ogni senatore.

E fin qui tutto va bene. Il problema è che queste somme sono nella piena disponibilità di deputati e senatori che non sono tenuti a dimostrare di averle spese effettivamente tutte per remunerare   i propri assistenti.

Varie inchieste giornalistiche da anni denunciano una serie di anomalie e di abusi nell’utilizzo di questi fondi ma nulla succede. Veniamo a sapere di valenti giovani che lavorano indefessamente ma non ricevono i 3600 o 4100 euro mensili, bensì compensi irrisori. Ci sono state rivelazioni scioccanti di persone assunte per svolgere queste mansioni ma in realtà contrattualizzate come colf e spesso sfruttate per lavori che nulla avevano a che fare con l’attività parlamentare.

Quando il Movimento 5 Stelle entrò trionfante e pieno di buoni propositi in Parlamento promise che avrebbe aperto come una scatoletta di tonno Camera e Senato per fare pulizia.

Sono ormai 7 anni che il M5S siede in Parlamento ma non pare essersi accorto dell’esistenza di questo problema. Neanche adesso che esprime il Presidente della Camera e vicepresidenti del Senato. È una triste e ingloriosa pagina quella che viene quotidianamente scritta da Camera e Senato che non intervengono nell’ambito della tanto decantata “autodichìa” per porre fine allo scandalo dei collaboratori dei parlamentari sottopagati e sfruttati e dell’uso improprio dei fondi che noi mensilmente diamo a deputati e senatori perché li usino per remunerare i loro assistenti.

La soluzione più semplice sarebbe quella adottata, lapalissianamente, da altri Paesi civili: lo stipendio agli assistenti parlamentari lo paga direttamente l’amministrazione del Parlamento e così deputati e senatori hanno il diritto di scegliersi la persona che deve collaborare con loro e non si devono occupare né della contrattualizzazione né del pagamento.

Troppo semplice e trasparente per esser adottata in Italia?

È una vergogna cui bisogna porre fine. Delle tante battaglie di moralizzazione questa è una delle più semplici e urgenti da fare. Ma stranamente nessuno la fa.

Il Parlamento dia il buon esempio e ponga rimedio a questa anomalia. Le soluzioni solo solo due. O, come già detto, gli assistenti parlamentari vengono direttamente contrattualizzati e pagati dalle amministrazioni delle due Camere oppure le due Camere erogano al deputato o al senatore la somma prevista solo a fronte dell’esibizione di un regolare contratto standard firmato dal collaboratore e delle contabili dei bonifici che i parlamentari effettuano verso i loro assistenti. Insomma un rimborso documentato.

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