lunedì, 18 Novembre, 2024
Il Cittadino

Una brutta campagna elettorale

Stiamo assistendo in questo inizio di settembre alla più brutta campagna elettorale di sempre. Anzi. Non stiamo assistendo proprio a nulla: la campagna elettorale neppure è cominciata.

Io, almeno, non me ne sono accorto. Eppure godo di una posizione privilegiata per vedere lo spettacolo: nell’orbita di un quotidiano come quello che ospita questa rubrica; tra i fondatori di un’associazione (Verde è Popolare) che aspira ad essere movimento politico, il cui presidente, Gianfranco Rotondi, è candidato per la coalizione di centrodestra nella sua Avellino per l’uninominale ed a Siracusa per il proporzionale; con alcuni amici romani e calabresi candidati, anche in schieramenti contrapposti,

Non mi sono accorto della campagna elettorale perché non c’è, non esiste, non è necessaria.

Il dibattito è già spostato al dopo elezioni. Al quesito se Giorgia Meloni – la vincitrice designata – possa essere internazionalmente accettata (in UE, negli Stati Nato, ma, soprattutto, nelle sagrestie finanziarie) come Presidente del Consiglio dell’Italia, Paese del G7; o se debba prima pagare pegno. Oppure ai tentativi del PD – sempre più partito di governo, dell’establishment dei “garantiti”, e sempre meno partito popolare e del popolo, men che mai proletario (ma esistono ancora?) – di ricercare, dando per scontata la sua sconfitta alle elezioni, una soluzione di governo che in qualche modo lo vede partecipe.

Puntualmente alcuni suoi esponenti già ripropongono l’eventuale futura alleanza del PD perfino col M5S che, detto per inciso, è l’unico partito che senza credere a quello che afferma, forse neppure capendolo (ma queste sono mie opinabilissime sensazioni), dice “qualcosa di sinistra”, in senso morettiano («D’Alema, D’Alema dì qualcosa di sinistra!»).

Nessuna campagna elettorale, quindi. Non solo nelle città deserte di agosto; ma neppure nei luoghi di villeggiatura. Dalla mia insostituibile e deliziosa villeggiatura calabrese, divisa tra Jonio e Tirreno, tra Tropea e Locri (è il vento che decide dove stare: se del quadrante nord mi fermo a Locri; se del quadrante sud mi rifugio a Tropea), noto che le elezioni neppure sembrano esistere: non solo a Tropea dove sarebbe difficile individuare gli elettori calabresi (una minoranza in una folla incredibile di stranieri e di nordici); ma neppure a Locri, dove i turisti per lo più sono – siamo – originari del territorio e con stretti legami e amicizie; e dove neppure la candidatura (nel proporzionale con FdI) dell’ottimo Sindaco, Giovanni Calabrese – che in una competizione amministrativa, col voto di preferenza, avrebbe già fatto tre volte il giro di ogni casa della città – sembra avere sollevato dal sopore vacanzifero gli indigeni.

Così che persino le scuse preventive agli elettori di Gianfranco Rotondi per il disturbo loro arrecato,  in una intervista TV, suonano ridondanti: «La cosa che temo di più è l’offesa che abbiamo fatto ai cittadini rovinandogli le vacanze».

In verità le vacanze non le ha neppure scalfite questa inesistente campagna elettorale. Ma possono essere state rovinate comunque per colpa dei politici, che hanno stabilito una ventina di adempimenti fiscali pretesi dall’Erario durante il mese di agosto; o che non hanno previsto l’effetto delle bollette energetiche triplicate.

Nessuno, insomma, ha visto questa campagna elettorale, nessuno ha sofferto per essa.

In realtà, nessuno volendo un dibattito all’americana tra i leader, tutto è affidato a frasi di due sillabe (cre-do; sce-gli) o a improvvisate (e false) modernizzazioni, come l’invasione di TikTok da parte dei politici. Ma sembra che il video più visto sia quello di Berlusconi che, ciondolando il capo come il dondolio di una campana, fa «TikTokTak». Sufficiente forse per un sorriso; un po’ poco per smuovere dalla consolle un millenial e spingerlo ad andare in una scuola per votare.

Salvo che non lo si interpreti come un messaggio politico, che determinerebbe ansie in più di qualcuno: si parte da Tik con Tok, ma non è da escludere che Tik e Tok, in una fase successiva non si uniscano con Tak: previsione di qualche analista politico e terror panico di più di un leader.

Programmi proposte idee, zero.

Neppure un sogno visionario, un’utopia da dare in pasto all’elettore.

Soltanto un conformismo assoluto – già annotato da questa rubrica – e discussioni da bar sport su decisioni che saranno inevitabili.

Comprese quelle sul grande assente: l’ecologia, ridotta ad una sterile petizione di principio, che tutti i politici a parole coltivano e nessuno osa affrontare: nella consapevolezza che prospettare col mezzo televisivo ai “telelettori” soluzioni ambientali che non consentano di fare gli ecologisti, stando in divano davanti alla TV in alloggi tenuti a trenta gradi d’inverno e a diciannove gradi in estate, abbasserebbe ancora – e di molto – la già prevista bassissima percentuale di votanti.

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