“Ordine di abbattimento immediato per tutti gli animali presenti”: questo è il contenuto dell’ordinanza emessa dall’Asl Roma 1, che è stata recapitata ai responsabili e ai volontari de La Sfattoria degli Ultimi, un santuario per gli animali situato a Roma nord, dove animali, per lo più maiali e cinghiali, salvati dalle più disparate situazioni di abuso e violenza, hanno trovato rifugio e accoglienza. Gli animali che vivono nella Sfattoria degli Ultimi sono 130, incluse mamme con i loro cuccioli.
Si tratta di animali clinicamente sani, chippati come pet, ossia come animali da affezione, per i quali la normativa prevede gli stessi diritti e le stesse cure che sono garantite ad altri animali inscritti in questa categoria come cani e gatti, solo il fatto di appartenere alla specie di suini e ungolati richiede, in questo periodo di contrasto alla peste suina, alcuni accorgimenti che la Sfattoria degli Ultimi osserva in maniera stringente. Gli animali quindi sono tutti sani, detenuti nella piena osservazione delle regole imposte dalla Asl, eppure tutto questo non è bastato. Questi animali, lo ricordiamo, non sono destinati all’uso alimentare e quindi, a prescindere dall’innegabile e documentato stato di salute, non possono in alcun modo veicolare la peste suina e non costituiscono rischio per l’uomo, inoltre proprio perchè vivono all’interno del santuario non hanno contatti con i selvatici, costituendosi quindi come inoffensivi per quel che concerne la catena di contagio.
La decisione dell’Asl appare quindi svincolata da qualsiasi ancoraggio scientifico e sanitario, ma più di tutto viola in maniera brutale e gratuitamente feroce il legame di affezione tra queste creature e i volontari che si sono amorevolmente occupate di loro. Allo stesso tempo il ricorso alla forza e alla violenza come soluzione per la gestione di un problema che problema non è, si costituisce come una violenza alla sensibilità dell’intera popolazione italiana, che da ogni parte della penisola si è mobilitata, e si sta tuttora mobilitando, per portare sostegno e difendere queste 130 creature dall’uccisione. La modalità peraltro con cui la Asl intende procedere con questa esecuzione scellerata, proprio perché gratuitamente crudele, è quella di passare la corrente attraverso i corpi di questi animali fino a provocarne la morte, azione si che sommerebbe efferatezza alla crudeltà, a causa dell’inimmaginabile agonia che questi animali proverebbero prima di morire.
La situazione sul posto è carica di un silenzio che pesa più di qualsiasi grido; si ha la sensazione di essere, da innocenti, in un braccio della morte in attesa della grazia la parte dello Stato. Moltissime sono le persone e le associazioni che si sono mobilitate per diffondere e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della salvezza di questi animali, che si ergono a simbolo della tutela della sensibilità e del legame che esiste, e che è indispensabile all’uomo per la sua stessa sopravvivenza, tra esseri umani e animali. I responsabili della Sfattoria, per i quali questi animali rappresentano degli affetti irrinunciabili, hanno presentato ricorso al Tar, ma si teme da un momento all’altro l’arrivo delle forze preposte all’abbattimento .
Paola Samaritani ed Emanuele Zacchini, i responsabili, che stanno chiedendo all’Istituzione di fare un passo indietro rispetto a una scelta anche strategicamente sconsiderata, poiché l’autorevolezza e il valore di un’Istituzione risiede nella sua capacita’ di risolvere in maniera alta e civile qualsivoglia questione sociale e sanitaria, si sono sentiti porre una domanda eticamente inaccettabile: potete salvarne due di animali, quali scegliete? A questo punto siamo noi a porre invece una domanda ai potenziali esecutori di questa sentenza di morte: da chi intendereste cominciare con la corrente elettrica? Preferite uccidere una mamma davanti ai cuccioli o vi sembra meno cruento, al contrario, uccidere i piccoli davanti alle madri? Alla gente e a tutti coloro che chiedono la tutela di quei valori che ci onoriamo di chiamare umani, sembra inaccettabile la morte.