Con il termine “sfruttamento del suolo” ci si riferisce all’incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative. È un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Ne conseguono cambiamenti senza precedenti nei paesaggi, negli ecosistemi e nell’ambiente. Le aree urbane e le relative infrastrutture sono i maggiori consumatori di suolo, soprattutto a spese della terra coltivata produttiva. I paesaggi rurali mutano a causa dell’intensificazione dell’agricoltura, dell’abbandono delle campagne e dello sfruttamento delle foreste. Le aree costiere e montane stanno subendo profonde riorganizzazioni territoriali per accogliere le attività turistiche e ricreative intensive.
Peggiori le Regioni del Nord, anche se il primato negativo è dell’Abruzzo
Ogni anno l’Ispra pubblica il monitoraggio del consumo del suolo in Italia. Quest’anno viene confermata la criticità del fenomeno nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, a causa della crescente richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica. I cambiamenti rilevati nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese, rimanendo particolarmente elevati in Lombardia, in Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Campania. Ma la maglia nera la conquista l’Abruzzo, con +0,78% di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente. Tra i Comuni il peggiore è Roma. Il fenomeno rimane molto intenso nelle aree di pianura, lungo le coste e nelle principali aree metropolitane.
Normativa assente o non attuata
Il consumo di suolo in Italia continua a trasformare il territorio nazionale con velocità elevate. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato in media circa 19 ettari al giorno, il valore più alto degli ultimi 10 anni. Un incremento che mostra un’evidente accelerazione rispetto ai dati rilevati nel recente passato, invertendo nettamente il trend di riduzione degli ultimi anni e facendo perdere al nostro Paese 2,2 metri quadrati di suolo ogni secondo e causando la scomparsa irreversibile di aree naturali e agricole, sostituite da nuovi edifici, infrastrutture, insediamenti commerciali, logistici, produttivi. nel 2021 lo sfruttamento riprende a correre con maggiore forza, sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dall’attesa della loro attuazione e dalla definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale.
È una delle cause dei cambiamenti climatici e della desertificazione
Molti problemi ambientali derivano da queste scelte, determinando cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e inquinamento delle acque, dei terreni e dell’aria. Gli effetti possono essere diretti, per esempio la distruzione dei paesaggi e degli habitat naturali, oppure indiretti, per esempio l’impermeabilizzazione del suolo e la deforestazione, con conseguente aumento dei rischi di inondazione. Il cambiamento climatico è la causa, tra l’altro, della desertificazione, delle modifiche nella copertura del suolo e delle piene improvvise. Le attività economiche maggiormente responsabili sono l’agricoltura intensiva, la silvicoltura, i trasporti e l’edilia, che sfruttano il suolo e alterano il suo stato e le sue funzioni naturali.
Si potrebbero recuperare le aree occupate da edifici non utilizzati e fatiscenti
Oltre il 70% delle trasformazioni nazionali si concentra nelle aree cittadine, che cancellano proprio quei suoli candidati alla rigenerazione. Secondo il rapporto di Ispra, correre ai ripari “è possibile”, intervenendo sugli oltre 310 chilometri quadrati di edifici non utilizzati e degradati esistenti in Italia, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli.