Nel giro di 4 mesi la politica italiana, con la gloriosa classe dirigente che la guida, è stata capace di scelte ardimentose le cui ragioni – parafrasando Pascal – la ragione non comprende.
Ha cominciato Salvini che sotto il solleone, per oscuri motivi, ha mandato a gambe all’aria una coalizione che pure dominava e che gli aveva fatto guadagnare una valanga di consensi. Mistero buffo.
Poi è toccato a Giuseppe Conte che in 24 ore si è accorto di aver avuto come suo vice a Palazzo Chigi una sorta di demonio e ha deciso di diventare l’angelo vendicatore contro il suo ex ministro dell’ Interno. Sulla via di Damasco.
La palla è poi passata nel campo minato del PD che, per costruire una diga alla marea montante della destra, ha sollecitato, senza troppa convinzione, il suo peggior denigratore, il M5s, a diventare suo alleato nella guerra santa contro Salvini. Trionfo del revisionismo.
È stata così la volta di Di Maio che, non essendosi accorto che Salvini gli aveva fatto perdere la metà dei voti, ha cercato sottobanco di cedere all’offerta del leader leghista che gli aveva proposto la presidenza del Consiglio: non c’è riuscito ma ci aveva provato. Una “mandrakata” andata male.
Sulla scena ha fatto quindi irruzione Grillo che, mandando a quel paese non gli avversari ma i dirigenti dei 5stelle, ha democraticamente ordinato loro di fare la pace col nemico giurato, il PD. Parlante, come voleva Collodi.
In questo cabaret fantasioso poteva mancare Renzi? No. E infatti il campione della serenità altrui ha votato la fiducia al Governo e, un minuto dopo, è uscito a gambe levate dal suo partito fondandone un altro che cerca di catturare iscritti con le reti a strascico. Machiavellismo a buon mercato.
Ma poteva finire qui? No.
I 5stelle, illuminati dalla luna piena, prima hanno deciso di allearsi col PD nell’unica Regione, l’Umbria, dove la sconfitta era sicura. E infatti hanno preso una batosta. Poi è arrivata la buonanima di Rousseau e ci ha messo del suo decretando che nell’unica Regione, l’Emilia-Romagna, dove alleandosi col PD i 5S avrebbero potuto vincere si devono invece presentare da soli condannandosi all’ennesima figuraccia. Il popolo (cioè 50mila persone) ha sempre ragione. Tafazzismo allo stato brado.
Ma non è finita.
Di Maio si è subito stufato del fidanzamento col PD e ha deciso di romperlo dopo soli 3 mesi (la signorina Virginia Saba è avvisata). L’uomo è mobile.
E il Pd poteva stare con le mani in mano? No.
Deluso da un fidanzato volubile e cacadubbi come Di Maio, Zingaretti ha cambiato idea sulla legge elettorale: fino a ieri manovrava per avere una proporzionale pura ed era pronto ad abolire la quota maggioritaria per togliere seggi a Salvini, poi ha ben pensato che era meglio in un sol colpo sbarazzarsi di Renzi e dei 5 Stelle e ha telefonato a quello che i suoi militanti chiamano “il truce” per invitarlo a scrivere insieme una legge elettorale per costruire l’agognato bipolarismo. C’è da scommettere che Salvini come il Gran Commendatore del don Giovanni di Mozart, risponderà positivamente: “Zingaretti, a cenar teco…. mi invitasti …e son venuto”…e trascinerà agli inferi quel che resta della sinistra.
Nel frattempo Carlo Calenda ha fondato un altro movimento e le sardine sono scese in piazza.
Tutto questo avviene in un Paese che può dormire sogni tranquilli e la cui classe dirigente può divertirsi a crepapelle a cambiare maschere e ruoli come se interpretasse una commedia di Aristofane?
Non mi pare…con tutti i problemi che abbiamo, con una legge di Bilancio da approvare, con aziende che chiudono, investimenti che non ripartono, una giustizia che non funziona, tantissimi giovani disoccupati e un debito che pesa come un macigno sul futuro dei nostri figli….. E che ci importa? Un po’ di atmosfera festaiola ci sta proprio bene in questa Italietta irresponsabile, e invece dell’inno di Mameli la colona sonora dello spettacolo è il can can di Offenbach.