mercoledì, 27 Novembre, 2024
Considerazioni inattuali

Il bieco tribunale sentimentale

Il pericolo di una narrazione univoca non è soltanto il rischio di perdere gli altri punti di vista, ma anche quello ancor più grave che muoia in noi la capacità di svilupparne di nuovi. Dall’attacco russo dell’Ucraina il filo conduttore del racconto è uno ed uno soltanto; e chiunque provi a discostarsene, anche solo per analizzare le azioni di guerra, è marchiato di crudeltà senza possibilità di appello. Come se potessimo concentrarci unicamente sui risvolti del sentimentalismo. Come se dovessimo valutare soltanto il presente e mai guardare agli antefatti. Certo, guardare solo al presente è più facile: non bisogna conoscere la storia. E siamo tutti d’accordo che far guerra non sia una soluzione, se non un atto tragico che non risolve ma dissolve ed allontana ogni intesa. Siamo ancora d’accordo che fattualmente l’atto di guerra sia sempre un’ipotesi che si possa e si debba evitare a qualsiasi costo.

LA STORIA SECONDO HEGEL

C’è però una ragione umanamente inaccettabile eppure cinicamente possibile, che richiama lo spirito del tempo hegeliano (Zeitgeist): la sua evoluzione, che dirime la nostra elevazione dal punto di vista dell’assoluto, consentendoci di comprendere che ogni momento della Storia – quale solo Stato universale giudicante ed arbitrante –  si renda necessario e pure ragionevole nella sua dialettica. Una dialettica in divenire portata avanti dal momento strutturale della guerra, non soltanto dunque inevitabile per Hegel ma anche generante lo spirito del mondo (weltgeist) che si manifesta e si incarna nei popoli, come male necessario affinché raggiungano il progresso morale e civile.

LA MORALE PRESCINDE DAL PROCESSO STORICO

Mi chiedo, mentre scrivo, se sia immorale in effetti pensare al dolore che mette alla prova e al contempo migliora chi ne è vittima o reca energia ed esaltazione a chi ne è esecutore – mentre io lo osservo da spettatrice senza produrlo né subirloMi chiedo quanto sia morale scriverne e parlarne con la partecipazione di chi ne è immune: di chi crede di dolersene ma è pieno del suo distacco, dell’istinto animalesco di sopravvivenza, di tutto l’egoismo di cui è capace la compassioneEbbene mi dico che non c’è un modo morale, a mio modesto parere, di assistere al processo della storia: nel suo tribunale inaccessibileSoltanto chi vi partecipa attivamente ne ha il diritto etico: chi dichiara guerra e chi la subisce, può agire e pensare moralmente o meno. Chi vi assiste, può schierarsi da una parte o dall’altra, senza però realmente sceglierne le cause, le conseguenze, il destino: senza vedere i contorni, la sostanza o l’effettiva forma delle sue scelte.

LA PIENEZZA ETICA DEL DISTACCO

Non è certo un invito all’ignavia il mio, ma alla riflessione libera dal giudizio; ed anzi alla consapevolezza che la commiserazione non si elevi ad un attributo di dignità e che la lucidità d’analisi non si riduca altresì ad un attestato di cinismo o di vuotezza interiore. Osservare a volte è tutto quello che possiamo e dobbiamo fare, aderendo agli stessi scopi della ragione – secondo la concezione di astuzia della ragione hegeliana – e l’unico giudice necessario è la Storia, poiché non siamo noi in quanto individui a poter cambiare il mondo, ma attori in una trasformazione già in atto.

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