Che consistenza ha il silenzio? Come si fa ad accoglierlo, ad ascoltarlo?. Il silenzio è un universo, non la semplice assenza di suono o di voce. Lo sa bene Arianna Di Romano, fotografa nata in Sardegna e tornata alle radici paterne, in Sicilia: due isole che fanno del silenzio una narrazione, dello sguardo un racconto. La mostra Universi Silenziosi, curata da Gabriele Accornero, che si inaugurerà al Monte dei pegni di Santa Rosalia, a Palazzo Branciforte di Palermo sabato 19 marzo alle 18, è un percorso di sguardi che travalicano i confini insulari. Sguardi catturati, inaspettati o ricambiati. Il silenzio di microcosmi individuali che diventano il mondo intero. Un ascolto che si fa dialogo tra il fotografo e il soggetto fotografato: nell’intensità di un vecchio sardo, nelle fattezze ricciute di un bambino in cui sembra incarnarsi un puttino di Serpotta. E in giro per il mondo, perché il silenzio è un linguaggio universale eppure sconosciuto ai più. “Gli scatti di Arianna Di Romano sono un racconto nel racconto all’interno del Monte dei pegni. Un luogo – afferma il presidente di Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – denso di storia e di silenzi rappresi, a cui gli artisti che ospitiamo restituiscono di volta in volta voce attraverso la loro sensibilità”.
Ecco che le fotografie di Arianna Di Romano raggiungono i popoli dei villaggi più remoti del sud-est asiatico, i campi profughi e i campi rom della Serbia e della Bosnia, la vita negli agglomerati della Romania e della Polonia, la quotidianità all’interno dei monasteri ai confini con l’Ucraina. Un corpus imponente, che si snoda lungo 81 foto: universi silenziosi, appunto, di persone, paesaggi, ambienti, animali. “Esporre in un luogo assolutamente straordinario come Palazzo Branciforte è per me motivo di immenso orgoglio professionale oltre di gioia personale. Con Fondazione Sicilia – spiega Arianna Di Romano – abbiamo concepito un allestimento minimale, rigoroso e allo stesso tempo rispettoso degli spazi del Monte di pietà, ottenendo un’atmosfera e ambientazione eccezionali”. “A una lettura esterna e tecnica si rinvengono nelle fotografie di Arianna Di Romano molte influenze: Elliott Erwitt e Robert Doisneau per la poesia e la composizione – conclude il curatore della mostra, Gabriele Accornero – Sebastiao Salgado per il trattamento dell’immagine, il cileno Sergio Larrain per l’attenzione agli ultimi, Dorothea Lange per il personaggio. La dimensione del silenzio è molto forte, ma non quello arido e vuoto: al contrario quello della pace e della quiete della dimensione dello stare in contrapposizione a quella frenetica del fare, quella dell’essere rispetto a quella del possedere”. La mostra resterà fruibile fino al 19 giugno.
Arianna Di Romano nasce e cresce in Sardegna ma decide di vivere in Sicilia, terra di nascita di suo padre, con la quale instaura un profondo legame. Nel 2017 si trasferisce a Gangi, sulle Madonie, in una dimora storica da lei recuperata e trasformata in una galleria, luogo di lavoro e rifugio al rientro dai suoi lunghi e frequenti viaggi. Con i suoi progetti fotografici ha raccontato, tra gli altri, Paesi come la Serbia la Romania, la Francia, l’Austria. Senza dimenticare le sue isole, Sardegna e Sicilia, né le tematiche sociali, attraverso la narrazione per immagini della vita in una struttura carceraria siciliana. Le sue opere sono state oggetto di mostre monografiche e collettive in Polonia, con il racconto della prima Marcia della Morte su Chelm; al MAC USP Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo; al Ghetto degli Ebrei (Exmà) di Cagliari; a Palazzo D’Accursio a Bologna; alla Fototeca siracusana di Ortigia; al Museo Civico di Enna; al Palazzo Moncada di Caltanissetta e nella Gallery Sapere Aude di Copenaghen. Inoltre, l’artista ha esposto e donato per i Progetti benefici “ARTE per la Vita” (insieme con Oliviero Toscani, Steve Mc Curry, Alex Majoli, Paolo Pellegrin, Fabio Sgroi, Matteo Basilè, Giuliana Cuneaz, Stefano Venturini) e per il progetto “Scuola in Madagascar”.