Un bilancio sulle esportazioni agroalimentari italiane dopo due anni di pandemia mette in luce una dinamica di crescita a valori vicina al +15% – rispetto al 2019 -, con performance superiori a quelle dei nostri diretti competitor come Francia e Germania che sono rimaste sotto il 10% (rispettivamente +8% e +5%). E’ quanto emerge dai dati del sesto Forum Agrifood Monitor realizzato da Nomisma in collaborazione con Crif. Tra i principali mercati di sbocco dell’agroalimentare italiano, Stati Uniti e Canada fanno registrare un aumento a valori del 20% rispetto alla situazione pre-pandemica (2019), in Germania il nostro export cresce del 15%, mentre le variazioni più alte si toccano in Corea del Sud (+60%) e Cina (+46%), sebbene in quest’ultimo paese la nostra quota di mercato continui a rimanere marginale (meno del 2% sul valore delle importazioni agroalimentari totali del paese asiatico).
E proprio il Regno Unito, assieme ad un altro mercato completamente agli antipodi come l’Australia, hanno rappresentato il focus di approfondimento del Forum. Dalle indagini è emerso innanzitutto come il food&beverage italiano goda di un ottimo appeal: sia per il consumatore australiano che, soprattutto, per quello inglese, quelli italiani sono i prodotti alimentari esteri più apprezzati grazie in particolare al loro gusto e alla loro ottima qualità (lo indica il 35% in UK e il 23% in Australia).
Tale percezione è da ricondurre anche alle eccellenze del nostro alimentare che vengono esportate in tali Paesi e che son ben note ai consumatori: in UK a farla da padrone in termini di notorietà è il Prosecco seguito dal Parmigiano Reggiano e dal Prosciutto di Parma. In Australia invece il primato spetta al Parmigiano Reggiano seguito a breve distanza dal Prosecco e dal Chianti.
In entrambi i Paesi, l’e-commerce per il food&beverage è molto diffuso: il 34% usa spesso internet per acquistare prodotti alimentari e bevande, quota che sale al 45% tra gli inglesi. Si ricorre al web anche per acquisire informazioni sui prodotti da consumare: a farlo è il 40% dei consumatori di entrambi i mercati.
Oltre che ad essere digital addicted, i consumatori di questi due importanti mercati sono particolarmente sensibili ai temi legati alla sostenibilità, un fenomeno in crescita negli ultimi anni. Da quando è scoppiata la pandemia, per ben 6 consumatori 10 è diventato importante che i prodotti alimentari che si mettono nel carrello abbiano una confezione sostenibile oppure siano stati prodotti nel rispetto dell’ambiente o secondo standard etici. Dopo un 2021 da record, il difficile viene ora. Oltre alle tensioni geopolitiche in corso tra diversi paesi nel mondo, le tensioni inflattive che permangono nei costi energetici, di trasporto e delle commodity mettono a rischio il vantaggio competitivo conquistato dalle imprese alimentari italiane nell’ultimo anno.