Ho sempre confidato visceralmente nella coscienza – e non in quanto contrario dello spirito incosciente, inteso come ribelle e fuori dagli schemi, anzi; nemmeno nel suo significato in psicologia: espressione dello stato o dell’atto di essere consci in contrapposizione all’inconscio; neanche nell’accezione generica e sommaria di consapevolezza; bensì nel suo archetipo linguistico e filosofico: quando acquisendo un valore teoretico, assume il senso d’interiorità. Infatti senza la coscienza, propriamente detta ed utilizzata come strumento unico e privilegiato, non giungeremmo mai a cogliere “verità fondamentali ed altrimenti inaccessibili”.
LA MANCANZA DI COSCIENZA LIMITA L’IMMAGINAZIONE
E più semplicemente – secondo il mio parere, ma anche secondo quello riportato in un episodio del e dal Tenente Colombo – limiteremmo la nostra immaginazione. “Signora Williams, lei non ha coscienza. E questa è la sua debolezza” dice all’assassina al termine della puntata “Lei non ha considerato che esistono poche persone disposte a prendere dei soldi per dimenticarsi di un omicidio. La mancanza di coscienza limita l’immaginazione: non si riesce più a concepire che qualcuno possa essere differente da quello che si è… e lei è avida. Ed è per questo che furba com’è – perché lei è furba – ha pensato che Margaret si poteva comprare.”
LA MEDITAZIONE INTERIORE ETICA ED ESTETICA
Non si tratta di una nozione strettamente morale – è qualcosa di più, che si lega al meditare interiore e che si rende assolutamente indipendente rispetto alla consapevolezza. Ed è interessante notare come il suo valore etico si leghi all’intelligenza: acquisisca cioè un significato che richiama la sensibilità. Perché appunto la mancanza di coscienza limita l’empatia, la comprensione dell’altro da sé e gestisce un ragionamento esclusivamente su termini schematici ed utilitaristici, ben difformi e distanti rispetto alle dinamiche attinenti alle interazioni umane.
L’UNIONE DI INTELLETTO E SENSIBILITA’
Nella cultura omerica “La riflessione interiore è per l’uomo conversazione dell’io con il θυμός, o del θυμός con l’io» dove il θυμός (thūmós) è “la mente, la coscienza dell’uomo che si interroga, ma anche lo spirito vitale e la sede delle emozioni”. Il termine dunque compendia ed unisce l’intelletto e la sua sensibilità – intesa perciò al contempo come acuta percezione estetica e pure attitudine morale ed etica. La coscienza dunque è espressione di questa commistione e con l’organo del θυμός, inesprimibile in altra lingua, comprende – secondo Edwin Rohde – “quelle forze di pensiero, di desiderio, di volontà in una parola del θυμός -concetto che secondo la ripartizione popolare d’Omero rientrano tutte nella cerchia dell’uomo visibile e del suo corpo”.
L’IDENTIFICAZIONE TRA CUORE E MENTE
La coscienza dunque, anche nel suo contenuto etico, non frena – come si tende a ritenere – bensì ci rende elastici e capaci d’immaginare veramente ed oltre la nostra natura, di comprendere a fondo e senza limiti morali e psicologici. San Tommaso nella Summa Theologiae ne vede un sinonimo nel cuore; ancora ad attestare – pur volendo semplificare – l’identificazione tra cuore e mente che ne compone l’essenza.
un commento
Un articolo molto bello ed utile a comprendere la dinamica interiore di un certo tipo di persona.