Le cause, i rischi e la possibile durata dell’inflazione, come fronteggiare il caro bollette, le speculazioni sulla transizione green e la maggiore efficienza dei controlli sulle transazioni finanziarie, sono i temi su cui abbiamo intervistato il prof. Ubaldo Livolsi, banchiere ed advisor, esperto internazionale di mercati finanziari.
Prof. Livolsi, l’economia ed i consumi rallentano; l’inflazione aumenta. Esattamente il contrario di ciò che accadde 40 anni fa quando i consumi aumentavano al pari dell’inflazione. Come commenta questa situazione?
La crescita dell’inflazione è un fenomeno che sta interessando tutto il mondo. In Italia l’aumento dei prezzi si sta avvicinando al 4% – un livello così elevato nel nostro Paese fu toccato nel lontano 1996 -, mentre negli Stati membri aderenti all’euro è già al 5%, valore ben più alto del 2% indicato dalla Banca centrale europea. Tutto ciò preoccupa più gli analisti che la politica e le istituzioni finanziarie. Secondo la disciplina, come noto, lo strumento classico per tenere sotto controllo e contrastare l’inflazione è l’aumento dei tassi di interesse, cosa che la Bce, guidata da un’economista di fama mondiale, Christine Lagarde, già direttrice del Fmi, non ha finora fatto. La spiegazione è nella risposta alla sua domanda. L’inflazione odierna è dovuta principalmente sia a una riduzione dell’offerta di alcuni beni, mi riferisco per esempio ai microchip – la cui produzione è concentrata nel lontano Oriente, in particolare a Taiwan – essenziali per fabbricare tanti manufatti, dalle automobili agli elettrodomestici, sia a un incremento del costo di molte materie prime utilizzate in diversi settori merceologici, come l’acciaio e il legname. Tutto ciò è stato ingigantito dalla difficile gestione e uscita dalla pandemia, complicata dalla diffusione della variante Omicron, dall’aumento dei prezzi dell’energia, legati alle questioni di geopolitica, penso alla nuova sorta di guerra fredda in atto tra Washington e Mosca, con la Russia che controlla il rubinetto del gas che in alquanta parte arriva in Europa. Infime va segnalato il rincaro dei trasporti: oggi per un container da 20 piedi, che prima della pandemia costava 1.500 dollari Usa sulla tratta Cina-Europa, si spende cinque/sette volte più. L’inflazione di 40 anni fa, cui lei si riferisce, era invece connessa al calo dei consumi, evento da inquadrare nello scenario italiano e internazionale di allora, che aveva caratteristiche specifiche ed è incomparabilmente diverso dall’attuale. Per questo sono convinto che una volta che la ripresa si consoliderà, l’uscita dalla pandemia darà maggiori certezza e fiducia e si confermerà la prospettiva, già oggi iniziata seppur appena, di un calo del costo dell’energia, l’inflazione comincerà a scendere.
Per evitare che i rincari vengano scaricati solo sui consumatori finali, diventa necessario che ogni componente della filiera di produzione e distribuzione applichi delle regole anti-rincaro, come il governo potrebbe intervenire su questa linea?
Come abbiamo detto, i rincari sono legati a più fattori. Oltre che a quello fondamentale del calo dell’offerta di alcuni beni e materiali, decisivo è l’aumento del costo dell’energia: certe previsioni parlano di un +65% della bolletta dell’elettricità e quasi del 60% di quella del gas nel 2022. Alcune piccole aziende sono arrivate a lavorare di domenica quando l’energia costa meno. La spesa media annuale di una famiglia italiana – che deve già confrontarsi con l’incremento del prezzo dei generai alimentari – dovrebbe salire dagli 800 ai 900 euro. Il Governo sta già agendo. Proprio di questi giorni è la notizia che Palazzo Chigi ha approvato un nuovo decreto Ristori e contro il caro bollette sono stati stanziati 1,7 miliardi con uno sconto per le imprese, anche se solo nel primo trimestre. Sono stati finanziati contributi a fondo perduto per i settori più colpiti dalla pandemia, come il turismo. La produzione e la distribuzione devono però fare la loro parte. Su questo punto l’Esecutivo dovrebbe confrontarsi con le parti interessate e fare maggiore opera di persuasione. Credo che ci sia in buona parte degli imprenditori e della distribuzione una certa responsabilità, sono consapevoli che gli aumenti a loro carico non possono ricadere totalmente sui consumatori. Tuttavia, possono essere introdotti, magari con incentivi e agevolazioni statali, processi di efficientamento, penso a più investimenti nella multicanalità e nella riduzione dei costi in genere. Va anche detto che, in alcuni casi, tale senso di responsabilità manca, mi riferisco per esempio all’innalzamento del costo degli impianti fotovoltaici, certamente connesso a quello incrociato della domanda, a sua volta connessa al green new deal – si pensi per esempio al Super bonus del 110% – e a quello dei materiali, cui però si sono aggiunti, come sottolineato da più commentatori, manovre speculative.
Nel 2021 c’è stato un balzo delle segnalazioni delle operazioni sospette dalle Uif costituita presso la Banca d’Italia. Secondo quanto sottolinea l’Unità di informazioni finanziaria nel secondo semestre sono state ricevute 69.401. Come commenta questo dato?
Il 2021, come abbiamo detto più volte, è stato l’anno della ripresa, dopo il 2020, anno orribile mondiale per il cigno nero del Covid (individuato per la prima volta a Wuhan nel dicembre 2019), ma anche quello in cui le imprese già deboli hanno mostrato ulteriormente i loro limiti. A ciò si aggiungano iniziative vere e proprie illegali, spesso malavitose, connesse per esempio alla criminalità organizzata, che, come sappiamo (ma è un argomento che non affrontiamo qui per ragioni di spazio) si infiltra maggiormente nei settori produttivi proprio nei momenti di crisi. Detto ciò, a mio parere questi dati vanno letti anche positivamente, nel senso che sono l’indicatore di due aspetti fondamentali: da un lato, la maggiore capacità organizzativa, gestionale e delle nuove tecnologie di tenere monitorati gli scambi di denaro sospetti, dall’altro il miglioramento, che ha fatto passi avanti importanti negli ultimi anni, degli accordi tra gli Stati, sotto l’egida delle istituzioni economiche/finanziare, per il controllo delle transazioni illegali, le frodi, l’elusione e l’evasione nei cosiddetti paradisi fiscali. Il fatto che l’Europa abbia intrapreso la strada del new deal con il fondo per la ripresa (Next Generation EU) che prevede in cambio di aiuti all’economia – l’Italia è il primo Paese beneficiario tra gli Stati membri, con oltre 190 miliardi di euro complessivi, di cui 24 già arrivati nelle casse dello Stato a dicembre e 20 che perverranno entro giugno – anche maggiori controlli, è possibile che tali attività illegittime saranno maggiormente individuate.