Appena nato, il Metaverso -la realtà virtuale tridimensionale all’interno della quale ogni singolo abitante del pianeta può accedere e vivere in un mondo parallelo attraverso un avatar- sta già rivelando alcuni possibili pericoli.
Secondo le recenti cronache, infatti, le piazze virtuali del Metaverso sono già diventate un luogo profondamente ostile alle donne. A metà dicembre Meta (il nuovo nome di Facebook ideatore del Metaverso), ha inaugurato una piattaforma sperimentale di realtà virtuale chiamata Horizon Worlds, primo grande esperimento verso la costruzione di una nuova versione di Internet – Metaverso appunto -, in cui il mondo fisico e quello online si incontrano. L’accesso a Horizon è libero a chiunque abbia più di 18 anni e viva negli Stati Uniti e in Canada.
Cos’è Horizon Worlds e quali sono i rischi
Su Horizon Worlds il proprio avatar si incontra e interagisce con un massimo di 20 persone, e può giocare, passeggiare e chiacchierare, creando ambienti digitali personalizzati. Ma non solo questo purtroppo.
Lo scorso mese una sperimentatrice ha lanciato il proprio grido di allarme affermando che, mentre si aggirava su Horizon Worlds, è stata avvicinata da un avatar sconosciuto che l’ha palpeggiata. La ragazza ha pubblicato tale esperienza nel gruppo di beta testing di Horizon Worlds aperto su Facebook per raccogliere i commenti degli sperimentatori.
Le molestie sessuali nel Metaverso e la difesa di Facebook
“Le molestie sessuali, anche su Internet, non sono uno scherzo. Quanto avviene nella realtà virtuale aggiunge un altro livello, che rende l’evento ancora più intenso“, ha scritto la sfortunata protagonista. “Non solo sono stata molestata, ma c’erano altre persone che in quella piazza hanno sostenuto questo comportamento…” ha concluso.
Facebook-Meta ha sottolineato l’esistenza di possibili accortezze da poter utilizzare in questo nuovo mondo, ovvero l’attivazione di uno strumento chiamato “zona sicura” una sorta di bolla che non permette a nessuno di avvicinarsi all’avatar. Tale strumento, in definitiva, blocca il personaggio all’interno di uno spazio protettivo, cosa che però impedisce anche al protagonista di interagire con gli altri, limitando di fatto la sua esperienza virtuale. Una politica, come sottolineato da Arwa Mahdawisul dalle colonne del The Guardian, che equivale a dire alle donne che se non vogliono essere molestate mentre camminano per strada, dovrebbero semplicemente restare chiuse a casa.