Tornano di scena le ipotesi per un accordo sulle pensioni. Il Governo prevede gli “aggiustamenti” indicati dal premier Draghi per rilanciare un dialogo con i sindacati. In queste ore i tecnici del ministero del Lavoro e quelli delle Finanze sono all’opera per definire con l’Inps l’aggiornamento di una proposta che prevede un anticipo pensionistico per tutti. Uscite flessibili estese, ma a condizione che l’assegno si basi sul calcolo contributivo. Cgil, Cisl e Uil annunciano una mobilitazione ma nel contempo sollecitano di anticipare l’avvio del confronto con il Governo.
Torna la proposta Draghi
L’ipotesi che prende forma è nel solco indicato dal premier: un assegno previdenziale calcolato secondo il metodo contributivo, in base cioè ai contributi versati e non agli ultimi stipendi. Un metodo che assicurerebbe un taglio – in caso di uscita anticipata dal lavoro – non gravoso per il neo pensionato, che vedrebbe poi l’assegno risalire con l’età, nel contempo assicurerebbe la sostenibilità dei conti dello Stato. Lo scenario sociale che da forza a questa idea si basa sui numeri: nel 2022, l’85% dei pensionati sarà nel sistema misto con una quota retributiva sempre più piccola maturata fino al 1995 e poi sarà tutto contributivo. Il nuovo sistema non farà altro che accelerare questa situazione di fatto.
I dati dell’Inps
A conferma arrivano i dati dell’istituto di previdenza, nel retributivo sono rimasti solo l’1,3% del totale dei lavoratori. Sono pari a 297.320 le lavoratrici e i lavoratori ancora tutti nel retributivo al 31 dicembre 2020: hanno tra 57 e 67 anni e almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Quindi il sistema in generale è già avviato verso il contributivo, del tanto “più versi e più avrai”.
Compromesso realistico
Cgil, Cisl e Uil al momento propongono, nella loro piattaforma, l’uscita a 62 anni o 41 di contributi a prescindere dall’età. Ma la situazione attuale richiede compromessi e soprattutto mediazione e alla fine potrebbero ritornare a dialogare con il Governo ripensando e attualizzando la “proposta Nannicini”. Una idea che prevede di costruire un meccanismo che consenta un pensionamento graduale. Tra l’altro si da la possibilità al lavoratore che raggiunta un’età prestabilita, di passare gli ultimi anni di lavoro part-time, ma con uno reddito netto pari a circa l’85% del salario che percepiva prima a tempo pieno. Oggi si ipotizza una uscita a 64 anni di età con 20 di contributi e ricalcolo contributivo dell’assegno.
I vantaggi di Opzione tutti
Secondo le anticipazioni emerse in queste ore c’è la proposta da presentare ai sindacati, quella di “Opzione tutti”. Diversi i vantaggi: il primo è una questione di libertà di scelta, “esco quando voglio”, ma prendo quanto versato; inoltre pesare sui conti solo come anticipo di cassa e non come spesa viva. Infine si gettano le basi vere di un riequilibrio generazionale, tra vecchie e nuove previdenze. Stando a proiezioni e scenari futuri, la cosiddetta generazione “Quota Zero”, – i post 1996 -, potranno lasciare tre anni prima (oggi a 64 anni con 20 di contributi) con l’assegno tutto contributivo.
Vincoli e tagli
La stretta o se vogliamo il vincolo maggiore è quello di accettare una pensione pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale (cioè 1.381 euro). Su questo punto i sindacati guardano alle nuove generazioni e chiederanno di più.
Sindacati tra voglia di dialogo e mobilitazione
Cgil, Cisl e Uil che hanno nei lavoratori over 50 e nei pensionati i loro punti di forza, si preparano ad una offensiva per modificare la parte della riforma che riguarda l’uscita dal lavoro. Hanno per questo annunciato in un documento unitario una mobilitazione nazionale.
“Per sostenere le proposte e le piattaforme presentate al governo in questi mesi su investimenti, lavoro pubblico e privato, creazione di nuova occupazione, protezioni sociali, fisco, pensioni”, scrivono i sindacati, “per modificare le misure previste in legge di stabilità, Cgil, Cisl e Uil avviano un percorso di mobilitazione con assemblee sui posti di lavoro, iniziative e manifestazioni regionali”.