lunedì, 7 Luglio, 2025
Ambiente

Isola del Giglio, rimossa dal fondale una rete di 500 metri

Le attrezzature da pesca abbandonate sono i rifiuti maggiormente rinvenuti nei mari di tutto il mondo e rappresentano una delle più serie minacce alla biodiversità marina: per questo la Divisione Subacquea di Marevivo si è immersa nelle acque dell’Isola del Giglio liberandole da una rete fantasma.

L’operazione è stata realizzata dai sub di Marevivo con il supporto della Guardia Costiera-Corpo delle Capitanerie di Porto di Porto Santo Stefano e Isola del Giglio, coadiuvati dai biologi marini di Marevivo che hanno assistito alle operazioni e fatto un’attività di analisi dello stato della rete che era adagiata su un fondale caratterizzato dalle tipiche biocenosi del coralligeno Mediterraneo.

Se a terra le nostre spiagge soffrono a causa della presenza di rifiuti, la situazione è ancora peggiore nelle profondità marine: secondo un rapporto realizzato da FAO e Unep (2009), ogni anno in tutto il mondo vengono abbandonate o perse dalle 640.000 alle 800.000 tonnellate di attrezzi da pesca (reti, cordame, trappole, galleggianti, piombi, calze per mitilicoltura).

Il Great Pacific Garbage Patch, più comunemente noto come “isola di plastica”, è costituito per il 46% da attrezzature e reti da pesca. Nel nostro Mediterraneo recenti ricerche condotte in diverse località indicano che gli attrezzi da pesca possono rappresentare la maggior parte dei rifiuti marini registrati, con cifre che raggiungono anche l’89%. I danni arrecati all’ambiente marino non si limitano all’inquinamento: una volta abbandonate, le attrezzature da pesca diventano vere e proprie trappole che occupano i fondali o che, trascinate dalle correnti, continuano a imprigionare e a pescare mettendo in pericolo la fauna e la flora marina, con il risultato che ogni anno circa 100.000 mammiferi marini e un milione di uccelli marini muoiono a causa dell’intrappolamento in reti da pesca fantasma o per l’ingestione dei relativi frammenti. Per questo dal 2003 la Divisione Subacquea di Marevivo conduce ogni anno operazioni di recupero di reti abbandonate e di bonifica dei fondali in numerose località italiane, prelevando dal mare in questi anni oltre 9.000 metri di reti abbandonate.

“Questo recupero – ha detto Rosalba Giugni, presidente di Marevivo – rappresenta il grande lavoro di stretta collaborazione che Marevivo porta avanti da anni con le Amministrazioni e le realtà delle isole minori. Grazie alle indicazioni di un centro immersioni è stata segnalata la rete di 500 mt in una zona limitrofa a una già tristemente coinvolta dal naufragio della nave Costa Concordia e abbiamo deciso di intervenire grazie al supporto di Banor”.

“L’intervento della squadra operativa di Marevivo – ha spiegato Massimiliano Falleri, responsabile della divisione Subacquea di Marevivo – si è reso necessario per la caratteristica della secca, ad iniziare dalla sua profondità piuttosto impegnativa – dai 35 agli 80 metri – e dalla lunghezza della rete stessa. I biologi hanno eseguito un’accurata analisi preliminare di alcuni video per valutare gli organismi concrezionati presenti sulla rete. Nelle immediate vicinanze della rete sono state trovate diverse gorgonie che avrebbero potuto essere danneggiate dalla rete stessa: gorgonie gialle, (Eunicella cavolinii), gorgonie bianche (E.singularis), gorgonie rosse (Paramuricea clavata) e il corallo d’oro o falso corallo nero (Savalia savaglia). In particolare, le gorgonie bianche (Eunicella singularis) che avevano iniziato a colonizzare la rete sono state liberate. In prossimità della rete abbiamo riscontrato la presenza di specie protette come il riccio diadema (Centrostephanus longispinus). Nella fase successiva ci siamo occupati soprattutto delle specie rimaste intrappolate nella rete come echinodermi, crostacei, molluschi, platelminti che sono stati prontamente liberati e riportati in acqua”.

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