L’amore per il luogo si sviscera e trova espressione in un unico particolare sentimento di nostalgia: quello che mai si riduce a ricordo ma che riempie lo spirito ed il fisico di memoria e la rende presente. Leggendo La via per l’Oxiana (1937) di Robert Byron – dove l’Oxiana è la regione lungo il confine settentrionale dell’Afghanistan – mi sono chiesta quale fosse la mia. Byron conduce il viaggio dalla prima voce “Venezia, 20 agosto 1933”, poi per nave verso l’Asia Centrale: Cipro, Palestina, Siria, Iraq, Persia, Afghanistan ed infine Peshawar in India (ora parte del Pakistan) da cui fa ritorno in Inghilterra.
La via di Byron
Nell’opera, introdotta dal Lamento per l’Afghanistan di Bruce Chatwin, l’estetismo di Byron assume un tratto spirituale e lascia che si fondano insieme etica ed estetica: la seconda madre della prima, come le descrisse Brodskij. Infatti lo spirito del viaggio, attraverso la percezione di Byron, assorbe quasi un’identità a sé stante e si traduce secondo Chatwin in “un testo sacro, al di là delle critiche”. Si conduce ancor prima di farsi condurre. Un po’ come la sensazione che ci travolge quando ci sentiamo pienamente parte di un posto e ci fondiamo con quel luogo, lo sentiamo nostro, in uno stato di quieta completezza. Ci sembra quasi di respirare meglio e di esserci sempre stati, anche se lo visitiamo per la prima volta.
La nostalgia, paese dell’anima
E non è detto che l’Oxiana debba sempre essere un viaggio continuo, privo di lunghe pause. La mia per esempio è cominciata quando dodicenne osservavo quasi in uno stato di semi-incoscienza e per la prima volta Piazza San Marco a Venezia: mi sembrava di conoscerla, che fosse sempre stata mia, e che mi descrivesse; che fosse in un certo senso il luogo, quella città, più simile alla mia natura. Come Il paese dell’anima della Cvetaeva, dove, secondo la descrizione della stessa ad Aleksandr Bachrach “l’Assenza è il paese dell’anima”. L’assenza che ci riconduce verso quei luoghi: la nostalgia che ne deriva e s’incarna nell’asfalto, nelle piazze, nelle chiese, nei palazzi, che siano su strada o su acqua.
La vicinanza della partenza
Ed un luogo ne richiama un altro, forse vicino a quell’estetica. Del resto “Venezia mi ricorda istintivamente Istanbul” – cantava Battiato. E per contrasto ne richiama gli opposti, forse più vicini di quanto si pensi, poiché è spesso nei contrasti che s’incontrano le congiunzioni più profonde ed affascinanti: ed ecco allora Napoli, con la sua grazia prorompente. E poi Firenze, guardata da Fiesole; e Bologna, con i suoi portici somiglianti alle volte celesti del paradiso. La nostra Oxiana forse, quella di ognuno di noi, ci attraversa da sempre e talvolta è più vicina di quanto si pensi: non necessariamente nei confini dell’Asia centrale.
La mia via per l’Oxiana
E la mia è quasi certamente più conforme ai Voyages en Italie di Stendhal che a quella via, a quel percorso di viaggio tracciato da R. Byron. Probabilmente perché – almeno per quanto mi riguarda – la nostalgia del ritorno si rende più forte della voglia di scoprire o perché per scoprire l’Oxiana propriamente detta, c’è prima bisogno di scoprire la nostra: quella più intima e vicina alla nostra essenza – che ci appartiene e che ci riempie, quando ci allontaniamo dall’epicentro di noi stessi e rischiamo di perderci.